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Dracula di Bram Stoker

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Dracula di Bram Stoker

di OGM
10 stelle

Vi sono miti anacronistici che, in ogni epoca, il cinema dimostra di amare smisuratamente. Le storie di Dracula e Frankenstein sono antiche e polverose, se pensate come trame romanzesche, eppure sono immortali come soggetti per il grande schermo. Il motivo risiede forse nella dinamica ambiguità della loro sostanza,  che in un nonnulla alterna luce ed ombra, e con la stessa nonchalance percorre il ciclo di vita, morte e rinascita, giocando con la realtà visibile e con lo sviluppo temporale, come tanto piace fare al cinema. Francis Ford Coppola vuole scoprire le carte di questa colossale illusione, per mostrare come, pur mettendo a nudo gli strumenti della sua magia, la settima arte conservi comunque un’apparenza sontuosa. L’iperbole è la celebrazione della nostra libertà di sognare, del coraggio di non porre limiti alla fantasia, ma anche alla nostra paura, guardando in faccia l’orrore dei nostri incubi peggiori. La finzione cinematografica è l’espediente che ci consente di essere sinceri con noi stessi, specchiandoci nelle immagini delle nostre ancestrali emozioni, senza timore di essere ridicoli. La realtà è più fascinosa e presentabile, quando è così smaccatamente ritoccata da non sembrare vera; quando il brutto è una maschera, e il bello è un’icona, solo allora le origini delle nostre sensazioni diventano chiare, universali e quindi, per nostra fortuna, adeguatamente distanti. Ciò che, invadendo il regno del fantastico, perde ogni connotazione concreta e personale, può essere ammirato da lontano, senza coinvolgere le nostre esperienze individuali. L’eternità dell’amore, se trasformata in un impossibile miracolo di sangue trasfuso, ci esime dal confronto con le nostre delusioni; e l’inferno, se raffigurato come un covo di belve terrestri e non più invincibili, allontana, in noi peccatori, lo spauracchio del castigo divino.  Questo è, in fondo, il segreto della letteratura, che ci cattura perché, parlando di noi stessi, ci regala la confortante illusione che si stia parlando d’altro. 

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