I Duellanti è un film sulla follia. Inutile cercare appigli intellettuali e consolatori: l'insana ed estenuante reiterazione del duello raggiunge il suo apice, e ne rivela l'ossessione, la pura sete.
L'ussaro Feraud (Keitel) cerca un pretesto alla sfida, forse l'offesa fatta dal richiamo da parte del tenente D'Hubert dinnanzi Madame de Lionne per aver ferito gravemente a duello il nipote del sindaco di Strasburgo; o forse è la differenza di classe sociale tra lo spirito più aristocratico ed affabile di D'Hubert, cauto e sicuro subalterno alla ricerca di una decorosa carriera, ma che viene giudicato lezioso da Feraud, istigandone la rabbiosa inquietudine. Quest'ultimo è asservito solamente a Napoleone, forse ne condivide le furiose passioni ed i desideri di potere, o è più giusto pensare che sia semplicemente un servitore leale.
I due si sfidano a duello durante le numerose campagne napoleoniche d'inizio Ottocento. D'Hubert è perseguitato da Feraud in un morboso desiderio di sfida che man mano trasfigura i due uomini: da due esseri umani di carne e sangue, si trasformano in fantasmi sullo sfondo della guerra, fino a diventare pura metafora dell'illogica sete di persecuzione e dell'insaziabile desiderio di conquista.
Magnifica ed evocativa la fotografia, che si ispira negli interni all'iconografia nord europea del tardo seicento, e negli esterni dagli inquieti e minacciosi paesaggi di William Turner.
Harvey Keitel è degno di nota: il suo sguardo nasconde costantemente la fiamma della follia, come se osservasse un mondo remoto solo a lui conosciuto.
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