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Novecento atto II

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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La recensione su Novecento atto II

di giansnow89
10 stelle

Pietra miliare.

Siamo in un'azienda agricola emiliana. L'amicizia controversa e impossibile fra il figlio del padrone, Alfredo (De Niro) e un figlio bastardo di una contadina, Olmo (Depardieu), si sviluppa attraverso la storia della prima metà del '900 italiano. Il fil rouge della storia è l'eterna ed irriducibile dialettica servo-padrone, col servo che ad un certo punto si domanda perché la terra che lavora non possa appartenere a lui, perché altri debbano godere dei prodotti della sua fatica, col proletario che si domanda quale sia il reale contributo del padrone alla società civile. "Dei contadini ce n'è bisogno, se no la terra va in malora, ma il padrone, a cosa serve il padrone?". E' il contadino, il bracciante, il lavoratore, il grande protagonista della storia dell'uomo, colui che ha dato da mangiare al mondo, combattuto le guerre, i proletari sono stati i motori principali delle grandi rivoluzioni. Bertolucci esprime la dialettica servo-padrone per contrasto, fra la composta dignità dell'uomo semplice, il suo rispetto smisurato del lavoro e della terra coltivata, e le mollezze, gli agi, anche i vizi della classe dirigente, che si abbandona e condiscendente strizza l'occhio al fascismo che avanza. 

La divisione netta fra il bracciante e il padrone potrebbe apparire fin troppo manichea, esasperatamente severa e spostata a favore degli oppressi. Il servo è buono, il padrone è cattivo, il servo è un vinto, il padrone esce sempre vittorioso. Ma piaccia o non piaccia, la storia questo è stata. E Bertolucci ce la mostra senza sconti al senso del decoro, non lesinando su scene di corpi carbonizzati dalla violenza fascista, bambini prima sodomizzati e poi trucidati barbaramente, gatti ammazzati. Ma anche maiali scannati, i genitali di fuori, esposti, senza pudori da cresimande, e poi il turpiloquio tipico della vita dei campi, addirittura la bestemmia, perché Bertolucci della realtà vuole mostrare ogni cosa, vuole restituire una Polaroid esatta, completa, come il dipinto di Pellizza da Volpedo che figura nei titoli di testa. Grazie alla fisicità del cinema di Bertolucci noi possiamo annusare l'odore delle vacche, quello dei loro escrementi, il sangue del maiale scannato, possiamo osservare il particolare delle mosche che si accavallano attorno a un secchiello di latte, o anche a un cadavere. Possiamo annusare il nauseabondo olezzo dell'anima umana in putrefazione, quella del fattore Attila (Sutherland), il villain della pellicola, che è poi la decomposizione dell'anima di un intero mondo. Non ci viene nascosto nulla. Cinema osceno? No, cinema vero. 

Il momento più alto del film è anche quello più basso: i braccianti che si ribellano agli abusi del fascista Attila (che voleva vendere Olmo come uno schiavo assieme al suo cavallo) e gli lanciano merdatanta merda di cavallo purificatrice: perché il vero sporco è quello che alligna nel cuore del terribile guardiano. "E' cominciata a nevicare merda, negli occhi, nella bocca, sulla sua testa pelata". Bertolucci riesce a trattare impensabilmente cose basse in modo alto.

Una rappresentazione forse di parte, ma perfetta del secolo più denso di trasformazioni, atrocità ed avvenimenti della storia dell'uomo. Il Novecento. Il Novecento di Bertolucci è un secolo che val la pena di essere guardato. Magari poi discusso, ma guardato. Sono stati realizzati film epici sulla Guerra di secessione americana, su Gesù Cristo, su episodi della Bibbia, sull'antica Roma, sulla mitologia greca, sulla Seconda Guerra Mondiale, sul gangsterismo, sullo spazio, ma un'epica del lavoro non l'aveva mai pensata nessuno. Un affresco monumentale come questo, un Giudizio Universale sulle lotte di classe, sulle delusioni e le conquiste dei lavoratori sfruttati, non l'aveva veramente mai dipinto nessun altro. Film unico.

 

P.S. La recensione è relativa a entrambi gli atti, perché la pellicola è da concepire decisamente come un corpo unico. Dividere il film in due parti, o tagliarlo in versione ridotta, è niente meno che una vaccata, per restare in tema: 5 ore e rotte di storia del cinema sono anche troppo poche.

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