Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Pupi Avati prosegue, ma conclude anche, con Zeder il filone dell'horror romagnolo, inaugurato sette anni prima dall'ottimo La casa dalle finestre che ridono.
Quasi impossibile evitare il paragone: Zeder è molto probabilmente una spanna sotto al precedente lavoro, ma mantiene lo stesso fascino per quanto riguarda le originali ambientazioni per degli horror e la trama intrigante, tuttavia pagando pegno anche stavolta per la lentezza.
Il bravo Gabriele Lavia interpreta Stefano, giovane scrittore bolognese incuriosito dalla traccia lasciata sulla bobina della macchina da scrivere regalatagli dalla moglie; vi si parla di un fantomatico terreno k, in grado di ridare la vita alle persone che vi sono sepolte, terreno riconducibile ad una zona di necropoli di Rimini dove una società francese sta costruendo un albergo. Esattamente come il restauratore de La casa dalle finestre che ridono, Stefano si appassiona fin troppo alla vicenda, scoprendo verità nascoste dietro una torbidezza d'animo generale e mettendo a repentaglio la vita propria e della moglie.
Gli effetti speciali e orrorifici sono quasi del tutto assenti, Zeder è senz'altro un buon film che punta sulle atmosfere e sulla tensione in crescendo, regalando anche qualche discreto momento di spavento. Se Avati avesse continuato su questa falsariga chissà se staremmo sempre qui a chiamare (il pur bravo, ai tempi) Dario Argento "(unico) maestro dell'horror italiano"...
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