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Atlantic City, U.S.A.

Regia di Louis Malle vedi scheda film

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La recensione su Atlantic City, U.S.A.

di HypnoticEye
8 stelle

Gangster movie, diretto da Louis Malle in una delle sue periodiche trasferte americane, dove contano più le parole che l'azione, dove tutto è fatiscente, sporco e decadente: lungo le strade della città che si affaccia sull’Oceano Atlantico, in cui i vecchi caseggiati vengono distrutti per fare spazio a un nuovo regno del divertimento (quelli che saranno, nella realtà, i casinò del magnate Donald Trump), così come nelle menti, nei cuori e nei comportamenti dei personaggi coinvolti nella vicenda narrata, a partire dal protagonista, un monumentale Burt Lancaster, criminale scalcagnato, ridottosi a fare il dog sitter per Grace, una bravissima Kate Reid, anziana e brontolona ex pupa del gangster per il quale Lou Pasco aveva lavorato. Un truffatore di mezza tacca, questo Lou, che vive di rimpianti tutti suoi: “Ora è tutto uno schifo. (…) Tutto affoga nella legalità. (…) Erano bei tempi: contrabbando, prostituzione, scommesse. Qualche volta… qualche volta toccava far fuori qualcuno. Io stavo male lì per lì, ma poi mi tuffavo nell’oceano, andavo al largo e quando tornavo ero bello pulito, pronto a ricominciare. (…) Anche lui era un’altra cosa. Avresti dovuto vedere cos’era l’Atlantico a quei tempi”. Lou finisce per innamorarsi di Sally, la sua dirimpettaia che lavora in un ristorante, una credibile Susan Sarandon: tutte le notti la spia dalla finestra mentre si massaggia il corpo con del succo di limone per eliminare dalla pelle l’odore del cibo cucinato. L’arrivo di Dave e Chrissie, rispettivamente ex marito e sorella di Sally, che ora vivono una relazione sentimentale (tanto che Chrissie è incinta di Dave) farà precipitare le già precarie e modeste condizioni di vita di Sally in una girandola di avvenimenti delittuosi: Dave smercia una partita di droga rubata a una banda di trafficanti che non tarderà a eliminarlo e a mettersi sulle tracce di Sally per tentare di recuperare il denaro ricavato dallo spaccio. Sarà l’intervento di Lou a tirare fuori dal pericolo la donna dei suoi desideri: farà l’amore con lei, tornerà a usare la sua vecchia pistola riuscendo ad uccidere i componenti della banda e si ritroverà fra le mani tanti soldi. Una "botta di vita" criminale che al termine della pellicola lo vede appagato, quasi rasserenato, anche se nessuno crede che l’assassino di cui si parla in TV e sulle cui tracce si sono messe le forze dell’ordine possa essere proprio lui: il nonnetto della porta accanto.
Sarà anche per la presenza di Burt Lancaster, ma a me la situazione al centro di "Atlantic City U.S.A." ha ricordato non poco quella di "Gruppo di famiglia in un interno": l’anziano stanco e disilluso che, a causa delle disavventure occorse ai suoi vicini di casa, torna a fare i conti con la realtà drammatica che lo circonda e dalla quale aveva preso le distanze. Quasi che il grande regista francese e lo sceneggiatore John Guare avessero voluto rifare il film di Visconti in versione noir e americana.
Leone d’oro al Festival di Venezia 1980, ex aequo con un altro nero memorabile: "Una notte d'estate (Gloria)" di John Cassavetes, e ben cinque candidature agli Oscar 1982 nelle categorie più importanti: miglior film, migliore regia, miglior attore protagonista, miglior attrice protagonista e migliore sceneggiatura originale. Burt Lancaster avrebbe sicuramente meritato la statuetta, ma la giuria dell’Academy preferì premiare, per motivazioni più che altro sentimentali, un altro leggendario attore ancora più a fine carriera dello stesso Lancaster: quell'Henry Fonda di "Sul lago dorato" che, ormai prossimo alla morte, non poté neppure essere presente alla cerimonia di consegna delle statuette, delegando la commossa figlia Jane a ritirare il premio al suo posto. Se il personaggio di Lancaster nello splendido melodramma di Malle è ormai al crepuscolo, anche la carriera del mitico attore statunitense si stava avviando verso un inesorabile viale del tramonto. A parte "Osterman Weekend", del 1983, ultimo film di Sam Peckinpah, niente più pellicole degne di una menzione particolare, niente più nomination agli Oscar.

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