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La rivolta dei cowboys

Regia di Charles Haas vedi scheda film

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La recensione su La rivolta dei cowboys

di Baliverna
7 stelle

Il ritorno a casa di un reduce traumatizzato dalla guerra non è mai facile, specie se era dato per morto, e la sua fidanzata si è già messa con un altro.

Ecco un western di serie B, nel senso che non ci sono divi e le dimensioni produttive sono contenute. Io userei questa classificazione solo per riferirmi a questi elementi, e non alla qualità, la quale credo sia indipendente dai quattrini spesi per girare una pellicola, e dalla scritturazione di attori famosi.

È una discreta opera un po' più riflessiva e meno movimentata della media. Gli ambiti sono due: le lotte tra allevatori di bestiame e agricoltori (vecchie come l'umanità), e la vita privata dei personaggi, con i loro sentimenti. Nel primo caso il film non ha nulla di interessante da dire; nel secondo, invece, c'è abbastanza carne al fuoco.

Una tematica toccata - che compare già nel dialogo dell'inizio – è l'uso della violenza, che può culminare nell'uccisione di persone. Il protagonista, infatti, è nauseato dal sangue e dalla morte, che ha visto in abbondanza durante la guerra civile americana. Si propone, dunque, di non usare più la pistola. I casi della vita, però, sono molti, e non sono tutti come quell'assurda guerra intestina. Vi sono infatti i prepotenti, i criminali, chi calpesta i diritti di tutti, e la necessità di difendere i deboli.

Questo è un problema su cui si sono profusi gli sforzi di filosofi, teologi, moralisti, e ideologi politici. Tra l'altro, è anche uno dei problemi al centro di “Mezzogiorno di fuoco”, noto capolavoro del western.

I personaggi sono abbastanza ben definiti, e il triangolo sentimentale tra di loro è simile a quello di molti noir.

Il film dà una stilettata alla già citata guerra civile, che evidentemente era stata prodotta e alimentata da logiche e motivazioni che non avevano nulla a che fare con la vita reale e le persone comuni. Alle volte, infatti, amici e vicini di casa si trovavano a combattere nelle due diverse fazioni, magari senza saperlo, per poi essere felici di rivedersi a guerra finita. Era proprio necessaria quella guerra?

In un dialogo viene anche biasimata la morale pubblica e la legislazione dei neonati stati americani in merito alla proprietà privata, visto che era legale sparare a chi invadeva i propri terreni, evidentemente senza prima chiedere spiegazioni.

Un pizzico di brio in più da parte del regista (tal Charles Haas, mai sentito) e avremmo avuto un film pienamente riuscito.

 

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