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I senza nome

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

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La recensione su I senza nome

di Antisistema
9 stelle

«Buddha prese un pezzo di gesso rosso, tracciò un cerchio e disse: “Se è scritto che due uomini, anche se non si conoscono, debbono un giorno incontrarsi, può accadere loro qualsiasi cosa e possono seguire strade diverse, ma al giorno stabilito, ineluttabilmente, essi si ritroveranno in questo cerchio rosso”».

 

Polar dalla durata fluviale in cui Jean-Pierre Melville riversa tutta le sua arte poetica, con le 19 situazioni archetipe possibili nel genere secondo il regista, forse in questa sovrabbondanza sta l'unico vero difetto di un film, che per il resto è incriticabile nella sua durata originale e non nella versione tagliata ignobilmente. Melville ama dei personaggi antieroi, figure chiuse in sé stesse senza passato e con un futuro fumoso, che seguono un loro codice di vita intriso di filosofia orientale (Bushido, Confucio, Buddha etc...), vissuto secondo un irrisolto spirito laico-religioso, che li rende affascinanti ma al contempo sfuggenti per lo spettatore, al quale sono negati ogni approfondimento su di loro. Corey (Alain Delon) e Vogel (Gian Maria Volonté) sono figure plasmate in media res, del primo sappiamo solo che è uscito di galera dopo cinque anni, mentre il secondo è un evaso, braccato dalla polizia guidata dal commissario Mattei (Bouvil),  da cui si salva nascondendosi nella macchina di Corey, il quale propone all'uomo una rapina ad una gioielleria di Parigi, secondo l'imbeccata indicatagli di una guardia carceraria. Vogel accettando l'offerta si ritroverà insieme a Corey nel cerchio rosso, seguendo entrambi un destino comune sino all'ultimo. 

Al duo si aggiungerà un terzo uomo; Jansen (Yves Montand), ex poliziotto disilluso ed abilissimo tiratore, utile nel colpo che ci si apprestera' a compiere.

 

 

Melville accentua il suo stile rarefatto e minimalista, cordinandosi alla perfezione con la fotografia di Decaë, che ricrea un perfetto contrasto di tonalità blu e grigie, rendendo le ambientazioni del film, così come le atmosfere, fredde e suggestive, di notevole espressività visiva, sia nei campi medi, che negli interni, fino ai campi lunghi dei paesaggi della provincia e poi della città di Parigi, con dell'inquadratura notevole della piazza di Parigi. 

Senso di colpa, tradimento, amicizia, corruzione, violenza, pessimismo e determinismo s'intrecciano tematicamente in continuazione, creando una spirale autodistruttiva senza assoluzione alcuna per nessun personaggio, destinato a perdere comunque qualcosa in cui credeva alla fine della pellicola, alcuni la vita, altri un traguardo raggiunto ed infine chi dovrà convivere con le contraddizioni proprie del corpo di polizia. Perennemente avvolti da un nero desaturato a cui è impossibile sfuggire, tutti devono tener conto delle proprie angoscie interiori, che talvolta si manifestano visivamente in un delirium tremens di viscida degradazione come nel caso di Jansen, in altri casi il conflitto è di natura etico-professionale, con una polizia al pari stesso dei criminali, seguendo la dottrina del "nascono innocenti, ma per poco", quindi essendo ogni uomo è un presunto criminale, tanto vale adeguarsi al destino imposto e scendere al medesimo livello.

Un film di pura regia ed immagini che vanno dalla cupezza disperata al documentarismo della rapina, il tutto infarcito da pochissimi dialoghi e ottime prove di Alain Delon e dell'attore mondiale Gian Maria Volonté, abilissimo anche su registri meno istrionici e più minimali, anche se sul set vi furono notevoli problemi tra lui ed il regista, per questioni di politica in primis (un comunista ed uno di destra... che spasso sarebbe stato assistere alle liri), anche se indubbiamente la prova più sofferta sono quelle di Yves Montand e Bouvel, che morirà verso la fine delle riprese. Un capolavoro incompreso dalla critica, ma non dal pubblico, con qualche debito da Giungla d'Asfalto di John Huston (1950), ma con uno stile pienamente europeo. Rivalutato ampiamente solo da fine anni 70' grazie a registi come Walter Hill, Fernabdo Di Leo, Michael Mann, Quentin Tarantino, John Woo e Takeshi Kitano, solo con quest'ultimo ed in parte Mann, si avrà una prosecuzione originale e superiore dell'opera del regista francese.

 

Alain Delon

I senza nome (1970): Alain Delon

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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