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I senza nome

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

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La recensione su I senza nome

di alan smithee
8 stelle

J.P. MELVILLE

Banditi a Parigi. Le strade di Corey (Alain Delon), detenuto rilasciato anzitempo per buona condotta, e di Vogel (Gian Maria Volonté), sfuggito al commissario che lo stava conducendo in carcere (Bourvil), si incrociano fortuitamente in una zona periferica nei pressi di un autogrill, in cui il fuggitivo raggiunge la macchina dell’ex detenuto, nascondendosi nel portabagagli, ignaro del fatto che il conducente lo avesse scorto.

Dopo le inevitabili prime reticenze e diffidenze, tra i due briganti nasce una sorta di rispetto e fiducia, alimentata dalla circostanza provvidenziale di un salvataggio del fuggitivo a favore del suo riluttante autista.

Intanto la prospettiva di svaligiare una gioielleria in Place Vendome diviene un progetto sempre più accreditato, e quando Corey ottiene il sostegno di Vogel, i due si uniscono ad un terzo elemento, Jansen, tiratore scelto ed ex poliziotto licenziato per alcolismo (Yves Montand).

La rapina, studiata nei dettagli e posta in essere con la professionalità di tre menti esperte, riesce alla perfezione, ma la rinuncia subitanea e a tradimento del ricettatore incaricato di prendersi cura della refurtiva, che in più tenta anche di tender loro una trappola, mette i tre in fuga, rendendoli ostaggio dei blocchi e delle imboscate che l’irriducibile ispettore Mattei organizza per cercare di salvare la reputazione e dunque la propria carriera.

Corey casca nel tranello teso dall’ispettore in prima persona, e nonostante i due compari accorrano per cercare di salvarlo, un destino da tragedia inevitabile incombe su tutti e tre i pericolosi e stoici malviventi.

Tra i massimi e più compiuti e galvanizzanti esempi di “polar” dell’autore, ma pure dell’intera storia del cinema, “Le cercle rouge” (il titolo italiano risulta fuorviante e poco pertinente, avendo tutti e tre i protagonisti un nome atto ad individuarli) ripercorre i temi basilari tanto cari a Melville, come il coraggio, professionalità, l’intraprendenza, l’amicizia virile, il tradimento, la morte violenta come soluzione inevitabile ed inesorabile.

L’asciuttezza dei personaggi che si contendono la scena (tre attori in stato di grazia, affascinanti e splendidi), il vigore freddo e risoluto che li spinge e guida sino alla tragica risoluzione finale, eleva il loro status di malviventi qualunque e senza morale, a quello di eroi impegnati in una missione superiore.

Ancora una volta in un’opera di Melville, il bene ed il male ed i suoi rispettivi emblematici rappresentanti, in qualche modo si invertono i ruoli, pur senza che nessuno di essi ostenti falsi od edulcorati comportamenti volti a renderli differenti da ciò che realmente appaiono.

Lo spettatore parteggia sino alla fine affinché il male abbia la meglio, ma senza saperlo, inconsciamente, proteso fino all’ultimo a concedere una speranza ad un destino ormai consapevolmente segnato.

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