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Distretto 13: le brigate della morte

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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La recensione su Distretto 13: le brigate della morte

di Immorale
10 stelle

Il neo Tenente Bishop era soddisfatto, quel pomeriggio; aveva appena indossato i gradi e si apprestava ad andare al lavoro con ottimismo. "Che bel soldatino !" lo aveva apostrofato scherzosamente sua moglie, e lui aveva riso.  La divisa stirata, le scarpe lustrate, il lucido cinturone erano la sua protezione, più importanti della 38 infilata nella fondina al suo fianco. Era un poliziotto. No, errore, era un Tenente di Polizia e...nero per giunta. In una città dove solo il 5 per cento dei poliziotti di colore riusciva a conquistarsi i gradi da ufficiale. Era questo ciò che cercava ? Ancora non lo sapeva ma si godeva il momento. Si stiracchiò mentre sostava nel giardino antistante la sua casa. Si guardò in giro, la città sembrava tranquilla e sorniona, come in attesa di qualcosa. Poche macchine in giro ed ancora meno persone; Il suo quartiere, tipico insediamento piccolo borghese di periferia, era tranquillo seppur non lontano dalle zone più turbolente della città. Si girò a fissare la porta di casa, per un attimo, rimirò e lucidò il distintivo già splendente ("to serve and protect", recitava la scritta) e si avviò verso la macchina. Mentre guidava ascoltava la radio, non si èra ancora spenta l'eco dello scontro a fuoco fra poliziotti e gang del giorno prima, 6 teppisti uccisi durante l'assalto ad un deposito di armi. Spense e si concentrò sui suoi pensieri, non voleva preoccupazioni nel suo primo giorno di lavoro da Tenente. "Hai scelto il mestiere sbagliato, baby, per non avere problemi", gli suggerì una vocina che gli strappò un sorriso. Probabilmente la vocina aveva ragione. Accese la radio di servizio per chiedere l'assegnazione e gli comunicarono (il Capitano in persona !), dopo averlo preso un pò in giro per la promozione (umorismo da sbirri), il suo impiego odierno": sovrintendere alle operazioni di chiusura del Distretto 13, ormai vuoto. Un lavoro noioso e semplice, si disse. Era per questo che aveva frequentato l'accademia ? si chiese ancora mentre si recava alla sua prima destinazione. Alla fine della giornata l'avrebbe scoperto. 


John Carpenter dirige, con il suo stile crudo ed essenziale, un sublime western metropolitano, dove la concezione del tempo si annulla (nonostante la precisa scansione temporale degli eventi) a favore di una rappresentazione spettrale degli spazi cittadini, popolati da fantasmi violenti che si aggirano nella desolazione di squallidi quartieri deserti. Lo stesso assedio del distretto di polizia, fulcro della storia, è una novità sostanziale: l'isolamento degli assediati non è dato dalla codàrdia dei concittadini (Un dollaro d'onore) ma dall'essere isolati in una metropoli di milioni di abitanti, soli in mezzo alla moltitudine, in balìa di teppisti silenti ed implacabili in cerca di (cieca) vendetta. I caratteri dei personaggi assediati nel distretto sono ben rappresentati:  il dolente ed ironico Napoleone, malvivente romantico e coraggioso, la ambigua e fascinosa Leigh dallo sguardo obliquo, il poliziotto integerrimo e pronto al sacrificio. La colonna sonora, ricordante altri temi carpenteriani, è minimale ed insistente, utile ad accompagnare i ciechi assalti della gang; la fotografia oscura e sgranata, infine, contribuisce alla sensazione di ineluttabilità trasudante dalla pellicola. Un capolavoro, sporcato solamente da qualche elemento ironico fuori luogo (la conta tra Napoleone e Wells), forse dovuto al doppiaggio italiano. 

Sulla trama

Unica.

Sulla colonna sonora

Ottima.

Cosa cambierei

Quasi nulla.

Su John Carpenter

Sublime.

Su Austin Stoker

Convincente.

Su Darwin Joston

Fordiano.

Su Laurie Zimmer

Avvenente e dura.

Su Martin West

Convitato di pietra.

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