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La lunga estate calda

Regia di Martin Ritt vedi scheda film

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La recensione su La lunga estate calda

di Lehava
6 stelle

La Lunga estate calda è quella della Georgia o del Tennesse, o magari del Missouri o della Louisiana, campi a perdita d’occhio e l’umidità che ti si attacca addosso. Un mondo antico dove i sentimenti sono elementari, le regole non scritte della società immutate ed immutabili, i ruoli distinti e fossilizzati. L’uomo è uomo: rude, deciso, dominatore. Lo è Will Varner, lo è Ben Quick. La donna è se possibile bella, di scarsa istruzione e sufficiente intelligenza, sessualmente disponibile . Lo è Minnie, lo è Lula. Ma qualcosa stà cambiando, le nuove generazione, inconsapevolmente o consapevolmente,  si ribellano. Si sentono soffocati da quella estate che veramente è troppo calda. Si ribella a modo suo Jody, così diverso da suo padre … svogliato, fragile, sensibile. Si ribella soprattutto Clara, istruita ed intelligente, che non si rassegna ad un ruolo di comprimaria ma vuole essere protagonista. Sempre e in tutto. Non vuole essere amata per la sua bellezza, o per la sua mansuetudine, o per i suoi soldi. Vuole essere amata per quello che è, nel cuore e nella testa. Ed è ovvio, non si sente capita dal padre, come non si sente amato Jody. E’ evidente che quando Ben Quick arriva in città trova in Will un alleato ed amico. Sono fatti della stessa pasta. Ben è un vagabondo, senza arte né parte. Ma ambizioso, di intelligenza vivace, opportunista. Un uomo del sud,  pane al pane, vino al vino. Sempre focalizzato sull’obbiettivo, che sia conquistare un posto nel mondo che conta piuttosto che conquistare Clara. Perché Ben vuole il meglio, non si accontenta di meno che del meglio. E’ altrettanto evidente che Jody e Clara non possano che detestarlo. Lo detestano sì, come in fondo detestano il padre. Ma non gli possono sono indifferenti. Ognuno di loro muove le proprie pedine sulla scacchiera, in palio c’è la vita e forse la felicità. Il caldo è soffocante, basta una scintilla per far scoppiare un incendio. E l’incendio scoppierà.  Per Jody che in un momento di scoramento e gelosia cercherà di uccidere il padre. Per Clara che aveva sperato nella comprensione e nel rispetto di un uomo che si dimostrerà invece debole e sottomesso. E che davanti ad un futuro di solitudine decide per il meno peggio: Ben. Il finale è quanto di più consolatorio e conversativo, in fondo in stile Studios di quegli anni: Jody si riappacifica con il padre (ed il suo futuro sarà comunque di non amore ed incomprensione). Clara, davanti allo spauracchio della morte sociale (restare non maritata) accetterà Ben, il quale, intendiamoci, di lei non capirà mai nulla. Molto pragmatismo poco romanticismo.

La pellicola è di impianto tradizionale, sia nella sceneggiatura, nel montaggio, nella fotografia. Tutto ben fatto ma senza particolari picchi di eccellenza.  Ottimo equilibrio nella regia con un occhio particolare ai dialoghi. La qualità sta tutta nelle interpretazioni, centratissime.

Personalmente ho sempre pensa a Ben Quick come Marlon Brando. Paul Newman è bravo, non l onego. Esteticamente bello (a parte l'astezza, veramente bello) ma troppo "caruccio". A me non passa quella sensualità che il personaggio richiede. Lui ce la mette tutta ma è un limite oggettivo.

Con occhio contemporaneo riscriverei il finale: Jody uccide il padre ed eredità l'impero. Clara e Ben se ne vanno a New York dove lei farà la scrittrice. Veramente romantico.

 

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