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Legge 627

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Legge 627

di degoffro
10 stelle

Rec breve

Il poliziesco secondo Tavernier. Adottando il medesimo approccio, incisivo e quasi documentaristico, che poi utilizzerà sia per "L'esca" sia per "Ricomincia da oggi", il grande regista francese confeziona un'opera asciutta, tesa, serrata, implacabile, definitiva. Il ritratto che esce da "Legge 627" (norma della sanità pubblica che obbliga a far visitare i tossici in stato di fermo da un medico ogni 24 ore) è drammatico, amarissimo, brutale, dall'impatto dirompente e di un realismo quasi sconvolgente (una Parigi così inedita è difficile rivederla al cinema). Senza sconti, dettagliato, informatissimo, mai didascalico, ricco di humor, lontano da convenzioni o luoghi comuni, anche nella messa in scena, lascia un'impressione di evidente smarrimento, ma non di totale sconforto. Con una speranza, infatti, affidata al toccante personaggio di Cecilie che, apparentemente condannata a una fine certa, una volta rimasta occasionalmente incinta trova il coraggio di cambiare e tenta di percorrere una nuova strada, lontano da quei posti degradati in cui sarebbe troppo facile ricadere nel vizio. Ma anche con una certezza, non proprio consolante, affidata alle lucide e disincantate parole del capo di Lulu: "Non siamo la Repubblica delle banane, ma se c'è una buccia in terra siamo i primi a scivolare!" Combattivo.

Voto: 8 e mezzo.


Il poliziesco secondo Tavernier. Adottando il medesimo approccio, incisivo e quasi documentaristico, che poi utilizzerà sia per "L'esca" (incentrato su tre giovani delinquenti), sia per "Ricomincia da oggi" (dedicato al mondo della scuola e con protagonista un tenace insegnante interpretato dall'ottimo Philippe Torreton, qui nei panni di Antoine) il grande regista francese confeziona un'opera asciutta, tesa, serrata, implacabile, definitiva. Senza una vera traccia narrativa, Tavernier pedina nelle sue lunghe giornate lavorative il ruvido poliziotto Lucien Marguet, detto Lulu (un formidabile Didier Bezace) il quale, per lo stupido capriccio di un suo superiore che aveva interrotto, senza motivo, un delicato appostamento in cui era impegnato, viene "retrocesso in serie C" e trasferito ad un misero e monotono lavoro di ufficio (la parte più ironica del film tra consegne di nulla osta per chiudere le casse da morto, cittadini che denunciano furti, sostenendo che i ladri passano attraverso i muri, liti condominiali, segretarie che fanno squillare il telefono 6/7 volte "per non far credere alla gente che non hai niente da fare!"). Grazie alle sue notevoli capacità sul campo, dopo un paio di settimane Lulu viene assegnato ad una eterogenea squadra antidroga i cui uffici sono collocati in un... container. Ed è proprio la carenza di mezzi (manca persino la carta carbone per i verbali) l'elemento che balza subito all'occhio nell'attività di Marguet e dei suoi colleghi. Appena giunto al commissariato infatti Lulu domanda al suo superiore: "E come mezzi?" "Si migliora: ci hanno appena assegnato un motorino!" risponde sarcastico il suo capo. "Cammina?" domanda ancora tra l'ironico e il rassegnato Marguet. Da qui il film è tutta una vertiginosa serie di appostamenti, contatti con informatori (molti quelli che conosce Lulu tanto che uno di loro, la prostituta Cecilie, con cui ha stabilito un rapporto protettivo e di confidenza gli dice "Tu non hai amici, solo informatori!"), perquisizioni in appartamenti, inseguimenti, pedinamenti notturni (formidabile la sequenza in cui la squadra segue un taxi sospetto per le vie di Parigi, dandosi ad ogni strada il cambio e mantenendosi in contatto con la ricetrasmittente) arresti, interrogatori anche violenti (per Lulu "gli spacciatori sono dei terroristi e vanno trattati come terroristi"), accese discussioni tra colleghi, lentezze burocratiche, paradossi della giustizia (due spacciatori senegalesi arrestati con diverse dosi di droga addosso, carte di credito rubate, senza permesso di soggiorno e foglio di espulsione già predisposto, vengono scarcerati perché in tribunale non viene trovato il fascicolo della loro pratica), lassismo diffuso (i colleghi della squadra di Lulu in ufficio si perdono tra scherzi con pistole ad acqua, bombolette spray, infantili ma esilaranti giochi con secchi d'acqua rovesciati in testa alle persone mentre escono dall'ufficio, concitate partite di risiko, lunghe telefonate personali, videotelefoni erotici). Memorabile in questo senso lo sfogo finale della coraggiosa Marie, l'unica donna del gruppo, impegnata in precedenza con Lulu in una pericolosa operazione nella quale è rimasta ferita, morsa al braccio da uno spacciatore. Rivolta al suo responsabile che criticava il fatto che non li avessero contattati così avrebbero potuto dar loro una mano, sbotta furibonda: "Per esserci, bisogna avere voglia di muovere il culo. Non puoi averla quanto ti trovi in ufficio. E ancora meno imboscato al bar. Sai che comincio veramente a rompermi di gente che non fa niente tutta la mattina, che si prende tre ore per mangiare e due per digerire e quando la sera si mette al lavoro lo fa per vedere le partite in tv. Mi avete rotto!" Tavernier è impietoso e durissimo nel descrivere le estreme difficoltà, spesso l'impotenza di chi come Lulu vuole svolgere il suo sporco e mal pagato lavoro (il protagonista, non a caso, per arrotondare fa filmini per i matrimoni) con passione, coscienza e determinazione, ben consapevole che se vuoi risultati devi stare "nell'illegalità 24 ore al giorno" perché "non ci sono soldi, mezzi, niente. Tocca arrangiarsi!". Il tutto a costo anche di sacrificare la vita familiare (Lulu è sposato con la paziente Kathy a cui, in un momento di confidenza, confessa la paura o forse la convinzione che il loro matrimonio non possa funzionare). In questo senso è interessante il parallelismo con l'appassionato insegnante protagonista di "Ricomincia da oggi": entrambi animati da un profondo e sincero amore per il loro straordinario e socialmente indispensabile lavoro, si trovano troppo spesso le mani legate ed impossibilitati, da cause che non dipendono dalla loro volontà, a raggiungere i risultati sperati e cercati, ad un passo dalla resa, esasperati, rassegnati, ma determinati a non mollare, convinti che la loro battaglia possa, anzi debba ancora servire a qualcosa e soprattutto a qualcuno. Il ritratto che esce da "Legge 627" (norma della sanità pubblica che obbliga a far visitare i tossici in stato di fermo da un medico ogni 24 ore) è drammatico ("Fare il poliziotto in periferia è un vero castigo!" dichiara Lulu), amarissimo ("Non sono i risultati che contano" sostiene Lucien), brutale, dall'impatto dirompente e di un realismo quasi sconvolgente (una Parigi così inedita è difficile rivederla al cinema). Senza sconti, dettagliato, informatissimo, mai didascalico, ricco di humor, lontano da convenzioni o luoghi comuni, anche nella messa in scena, lascia un'impressione di evidente smarrimento, ma non di totale sconforto. Con una speranza, infatti, affidata al toccante personaggio di Cecilie che, apparentemente condannata a una fine certa ("E' un circolo vizioso: se non mi faccio non riesco a prostituirmi e devo darla via per potermi fare. Lo vedi che non c'è via d'uscita!" dice all'amico Lulu che cerca di scuoterla per farla uscire dal giro, salvo poi sentirsi dire dalla ragazza "Non pensi che perdi tempo con me? Sono andata più a funerali che a matrimoni!" quasi vedesse il suo destino già segnato), una volta rimasta occasionalmente incinta trova il coraggio di cambiare e tenta di percorrere una nuova strada, lontano da quei posti degradati in cui sarebbe troppo facile ricadere nel vizio. Ma anche con una certezza, non proprio consolante, affidata alle lucide e disincantate parole del capo di Lulu: "Non siamo la Repubblica delle banane, ma se c'è una buccia in terra siamo i primi a scivolare!" Ci credo che alla sua uscita non abbia incontrato il favore dei politici francesi, mentre per quanto riguarda le polemiche sul presunto razzismo del film (gli spacciatori sarebbero in gran parte extracomunitari) è meglio stendere un velo pietoso. Scritto dal regista con l'anziano agente della narcotici Michael Alexandre e dedicato al figlio Nils (interpreta il giovane e scrupoloso poliziotto Vincent) che, in passato, ha avuto diversi problemi con la droga. Strepitoso successo di pubblico al box office francese (sesto nella classifica generale del 1992), ma solo 4 nomination ai Césars (film, regia, sceneggiatura, migliore promessa femminile, Charlotte Kady che interpreta la volitiva Marie) per un film che ha riscritto e rinnovato le regole del polar e conferma ulteriormente la statura di un magnifico autore che ancora crede nella possibilità di un cinema dalle forti connotazioni morali e sociali. Fondamentale. Sarebbe bello che un regista italiano alla Tavernier (ma esiste?!?) facesse un'operazione analoga sulle forze dell'ordine nazionali, alla faccia dei pomposi proclami sulla sicurezza nelle città sbandierati quotidianamente dagli attuali governanti.

Voto: 8 e mezzo.

 

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