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L'armata Brancaleone

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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La recensione su L'armata Brancaleone

di passo8mmridotto
8 stelle

Per la regia di Mario Monicelli, un capolavoro della "commedia all'italiana" che ha dato grande popolarità a Vittorio Gassman, soprattutto fra il pubblico giovane. Da riscoprire.

L'espressione "Armata Brancaleone", entrata nel lessico nazionale grazie al grande successo di questo film, resiste ancora, e gli appassionati di Cinema di una certa età ricordano sicuramente  con affetto lo sgangherato cavaliere Brancaleone da Norcia e i suoi compagni di ventura, nel più improbabile tentativo di impadronirsi del feudo di Aurocastro.

La vicenda muove dalle campagne dell'Italia centrale, in un imprecisato periodo del Medioevo.

Brancaleone da Norcia/Vittorio Gassman mette insieme una banda di derelitti, che trascina in tante avventure rischiose quanto tragicomiche, nella lunga marcia verso il castello di Aurocastro, in agro di Crotone.

Purtroppo l' armata trova sulla sua via i pirati saraceni. Brancaleone da Norcia non aveva previsto una simile evenienza, capisce che la sua vita è in pericolo, e preferisce partire per le Crociate.

Il film riscuote un grande successo, incassa tanto da posizionarsi, nel 1966, al terzo posto dopo "La Bibbia" e "Il Buono il Brutto il Cattivo".

Merito della lungimiranza di Mario Monicelli, che adotta la stessa formula del suo precedente "La grande guerra" (1959), che rievocava i tre anni della Prima Guerra Mondiale in modo antiretorico e demistificatorio. 

La sceneggiatura è a tre, Age, Scarpelli e Mario Monicelli. Vincente il linguaggio adottato, un miscuglio di italiano, latino e dialetto, che conquista il pubblico di tutta la penisola.

Brancaleone e i suoi parlano in ciociaro, latino imbastardito e l'idioma letterario del Trecento, suscitando l'ilarità anche nelle situazioni che per certi versi hanno risvolti drammatici.

Il cast è impeccabile, da Gian Maria Volontè (Teofilatto) prestato alla commedia, Carlo "capannelle" Pisacane (Abacuc), Enrico Maria Salerno (Zenone), Folco Lulli (un seguace di Brancaleone) e Ugo Fangareggi (lo svedese).

Notevole l'apporto di tre interpreti femminili, la "vedova nera" Maria Grazia Buccella, la perversa "aristocratica" Barbara Steele, e Catherine Spaak nel ruolo della "madonnina infilzata".

Anche il cavallo di Brancaleone, un ronzino male in arnese, riveste un ruolo importante nel contesto del film. Aquilante, questo è il suo nome, ha il mantello di uno strano colore: ogni giorno, veniva dipinto di giallo limone.

C'è da dire che Mario Monicelli ha tenuto nel cassetto per tanti anni il soggetto di Brancaleone, dopo la cocente fine della Casa di produzione che aveva fondato con Luigi Comencini, Alfredo Bini, Age e Scarpelli. La "Film Cinque" fallì dopo l'insucesso di "A cavallo della tigre", e dovette passare del tempo prima che Mario Cecchi Gori accettasse di produrre la pellicola, nella quale Vittorio Gassman agisce da vero "mattatore", anzi, da samurai atipico, che lo stesso Monicelli definì "tra il samurai e lo straccione italiano".

La figura di Brancaleone da Norcia è frutto della ricerca storica degli sceneggiatori Age e Scarpelli, che con Monicelli trovano ispirazione dai film di Akira Kurosawa e persino dall'opera dei pupi, passando per Cervantes, Rabelais, Boccaccio.

Altro valore aggiunto, le scenografie di Piero Gherardini, che rendono memorabili e affascinanti le sequenze, tanto per citarne alcune, delle nozze di Matelda (Catherine Spaak), della casa di Teofilatto (Gian Maria Volontè) e del torneo, veri e propri trionfi di forme e di colori.

Infine, grande colonna sonora con la musica di Carlo Rustichelli, autore della "marcetta" che accompagna allegramente le imprese di Brancaleone e della sua "poderosa" armata.

 

 

 

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