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La croce di ferro

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La croce di ferro

di Donapinto
7 stelle

Unica incursione del grande Sam Peckinpah nel war-movie, LA CROCE DI FERRO e' anche la seconda pellicola realizzata dal regista in Europa, dopo il controverso e discusso CANE DI PAGLIA. In questa seconda occasione gira in Jugoslavia una co-produzione tra Gran Bretagna e la all'ora Republica Federale Tedesca. Peckinpah si avvale di un cast prestigioso e da vita a un film bellico piuttosto controcorrente per l'epoca: mette come protagonista l'esercito Nazista e tratta la materia con una chiara ideologia anti-militarista, cosa piuttosto rara, in quanto il genere bellico ci aveva quasi sempre abituato a pellicole che descrivevano battaglie storiche o grandi personaggi, come appunto Patton, McHartur o Rommel, interessandosi molto al lato spettacolare e avventuroso, con una netta distinzione fra buoni (americani e inglesi) e cattivi (tedeschi e giapponesi) senza preoccuparsi troppo degli orrori della guerra e dell'ottusita' degli alti comandi. In questo senso a me vengono giusto in mente titoli come PRIMA LINEA di Robert Aldrich, pellicola oltretutto piuttosto analoga a quella di Peckinpah, ORIZZONTI DI GLORIA di Kubrick e UOMINI CONTRO di Francesco Rosi. LA CROCE DI FERRO e' ambientato nel 1943 sul fronte orientale, e ci mostra il duro scontro ideologico tra il sergente della Wehrmacht Rolff Steiner (James Coburn) e il suo diretto superiore capitano Stransky (Maximilian Schell). Il primo e' un ruvido veterano di guerra interessato solo a salvare la sua pelle e quella dei suoi ragazzi, il secondo e' un ufficiale dal sangue blu in cerca di gloria e decorazioni, ma che ben presto si rivelera' essere un individuo vile, infido e un pessimo stratega militare. All'epoca che conobbi Sam Peckinpah come regista, consideravo questo titolo non solo il suo miglior lavoro, ma un capolavoro assoluto del cinema. Rivisto dopo piu' di un ventennio, la pellicola mi e' parsa piuttosto invecchiata, specie sul piano narrativo. I dialoghi mi sembrano spesso e volentieri piuttosto datati e superati. Il personaggio di Steiner viene elevato, esageratamente, dai suoi superiori come un vero e proprio modello di perfezione, senza alcun difetto. Il protagonista odia tutti gli ufficiali, persino il colonnello Brandt (James Mason) e il capitano Kiesel (David Warner) che gli danno una totale liberta' di movimento, ma dopo essere stato ferito in battaglia, rinuncia a una licenza di convalescenza da passare con la bella infermiera Senta Berger, per tornare immediatamente in prima linea con i suoi amati commilitoni. Inoltre non c'e' traccia dell'ideologia nazista. D'accordo che il fronte russo non era come il resto d'Europa e il morale della truppa non era tra i piu' alti, ma qui vediamo il comandante in carica che si comporta come un vero e proprio padre di famiglia e il capitano Kiesel che sembra quasi un Gino Strada o un precursore dei figli dei fiori. Persino il convintissimo capitano Stransky ci tiene a precisare che non e' iscritto al partito Nazionalsocialista e che prende una certa distanza dall'ideologia Hitleriana. Inoltre il finale risulta spiazzante e inattendibile: il tenente Triebig fa sterminare gli uomini di Steiner su preciso ordine di Stransky. Steiner lo falcia senza pieta' a colpi di mitra. Quando pero' si trova faccia a faccia con il vero nemico (non i sovietici) lo risparmia senza alcuna ragione, arrivando quasi a instaurare con lui un rapporto di solidarieta' e amicizia. Il film si rifa' sul versante dello spettacolo, con scene di guerra magistralmente dirette da Peckinpah con il suo consueto stile barocco e visionario, con soldati ammassati nelle trincee, in mezzo al fango e a situazioni di violenza iperrealista come solo lui e pochi altri sanno creare. In particolare le sequenze girate nell'ospedale militare raggiungono momenti allucinati e grotteschi da fare quasi rabbrividire. Un buon Peckinpah, anche se non ai livelli de IL MUCCHIO SELVAGGIO, PAT GARRET E BILLY THE KID, GETAWAY e VOGLIO LA TESTA DI GARCIA, le sue opere che preferisco.

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