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Amore senza fine

Regia di Franco Zeffirelli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Amore senza fine

di shadgie
4 stelle

Lussureggiante e confusa epopea sentimentale sulla primavera dei sensi e il gelido inverno che ne segue.

  Franco Zeffirelli costruisce il suo cinema come un romanziere incerto con la sua opera  ridondante e pomposa, procedendo per accumulo di particolari. Pochi anni dopo l'iconico Romeo e Giulietta torna a parlare di amori struggenti e di estrema giovinezza, con corpi e volti levigati le cui gesta vengono abilmente diffuse sullo schermo, associate a momenti topici e ad ambienti irrorati da una luce calda. Questa volta, però, non è una tragedia celebre a sostenere l'ossatura del suo film.

Il primo incontro tra i protagonisti Jade e David è volto a ricreare nello spettatore il fantasma di di una sorta di installazione fascinosa e irritante, con i lineamenti dei protagonisti così precisi eppure così persi in un gioco di luce virato al rosso.

E' "arte per l'arte",oppure semplicemente un tentativo di coniugare pretese poetiche e appeal commerciale grazie alla messa in scena di una trama tra le più semplici e dirette: un adolescente tormentato e soffocato dalla famiglia si innamora in modo totalizzante di una ragazza più giovane, angelica nell'aspetto e pura nelle intenzioni per via delle influenze della famiglia liberale. L'ostilità austera della casa di David, da cui il comprensivo padre vorrebbe evidentemente fuggire, si scontra con l'apparente vitalità di una coppia di ex hippy ansiosi nel comunicare ai figli la totalità della vita, l'assolutezza dell'amore. Ma di quell'assolutezza non sanno gestire il lato ossessivo, l'infantilismo misto a violenza adulta, le deviazioni maniacali.

Ed è in quel cedimento strutturale delle famiglie di origine che il film, pur straripando di barocchismi e soffrendo per una recitazione enfatica e nervosa, espressa in particolare da Martin Hewitt/David, si fa un oggetto interessante, una sorta di accorata stoccata retriva alle ideologie degli anni '70, al tentativo di evolvere. Emblematica, in tal senso, la figura della madre di Jade, figura solo in parte matura, solo in parte sbocciata eppure già appassita nell'amarezza delle incomprensioni con un marito recalcitrante e con un figlio impulsivo e territoriale, un James Spader dallo sguardo straniante.

Il contrasto e il conflitto, fin troppo didascalicamente annunciato dallo stile registico, passano attraverso i colori e la presenza degli attori: angelicati, chiari e biondi i familiari di Jade, portavoce di una libertà espressiva eterea ed effimera, scuri e torvi gli ambienti della casa di David, così come i suoi genitori e in particolare la madre, figura conservatrice e repressiva per antonomasia.

Tra il chiarore e  il buio degli alti e bassi della relazione tra i due ragazzi si inseriscono i momenti estatici, sottolineati dagli incontri culminanti: il rosso del "nido" iniziale, l'arancio della prima notte d'amore accanto al camino, il blu sognante di quella successiva, in cui entrambi gli amanti (ma in particolare David) si lasciano andare ad espressioni di piacere non propriamente realistiche.

Il conflitto maggiore non è però tra quelli sapientemente orchestrati dalla pellicola, come nel fascinoso "cozzare" tra il tema musicale principale - quella Endless Love reiterata e spezzettata, ripresa anche in contesti diegetici - e le più energiche hit dell'epoca (dai Kiss a Heart of glass), quanto nel fatto che in una narrazione così romanzata e nell'esposizione pedissequa di un sentimento così idealizzato debba irrompere, in un crescendo incontrollabile, la rovinosa forza autodistruttrice di un'adolescenza tipica, ribelle e disturbata. Il comportamento di David, ossessionato da Jade ma anche dall'illusoria appartenenza alla di lei famiglia, sfocia ben presto in una psicosi iperbolica e non giustificabile, né spiegabile, dal tormento amoroso.

La purezza d'animo e il sentimento incondizionato del personaggio principale si fondono alla paranoia e alla brutalità conferendo al film un'aura sinistra, come un'anti-morale distorta. Il tutto va ad alimentare il calderone di fasto, morbosità, esibizione: la giovanissima attrice Brooke Shields, unica vera star del film all'epoca, incarna perfettamente le istanze “scioccanti” del regista avendo già preso parte a pellicole che ne esaltavano ambiguamente la bellezza e la sensualità infantile e adulta al contempo. L'ansia di possedere e di trattenere a sé la persona (oggetto) amata passa per rivendicazioni, incendi, gesta eclatanti. Il ragazzo finisce sotto cure psichiatriche, ma il nucleo della storia resta sempre "fuori" e passa solo distrattamente per il "dentro" (i sentimenti e le emozioni più profonde di David vengono solo accennati), in un'opera strascicata e sofferente capace però di esercitare un'altalenante attrazione su chi guarda.

  

4,5

 

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