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Il verdetto

Regia di Sidney Lumet vedi scheda film

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La recensione su Il verdetto

di munnyedwards
8 stelle

 

Un uomo solo in un bar, gioca a flipper, beve una birra e di tanto in tanto fuma una sigaretta, non è più giovanissimo e appare evidente la sua fase calante, Lumet ci presenta così il suo protagonista, Frank Galvin (Newman) ex grande avvocato ora ridotto ad un rudere, inaffidabile e alcolizzato, bastano pochi secondi di titoli di testa senza dialoghi per centrare un personaggio in modo chirurgico, Galvin ha giocato la sua partita con la vita, l’ha giocata tanti anni fa e l’ha persa, persa il malo modo.

Lo vediamo imbucarsi nei funerali nel disperato tentativo di beccare un caso, lo vediamo umiliato quando viene scoperto e allontanato, per fortuna in suo aiuto arriva un vecchio amico, forse l’unico che gli è rimasto, che gli offre su un piatto d’argento un caso facilissimo e praticamente già chiuso.
Un famoso ospedale cattolico da una parte e una giovane donna ridotta in coma irreversibile dall’altra, forse ci sono delle mancanze da parte dei medici dell’ospedale (anzi, ci sono sicuramente), volendo ci sono anche le prove per istruire un caso e vincerlo, ma l’obiettivo di Galvin è quello di trattare, un indennizzo può essere sufficiente, per dare serenità ai parenti della vittima e per rilanciarsi verso un nuovo inizio.

E invece qualcosa si rompe di colpo nelle mente e nel cuore di Frank Galvin (un Paul Newman di rara intensità), avviene tutto in modo inspiegabile ma allo stesso tempo naturale, fisiologico, inevitabile, l’avvocato rifiuta l’accordo andando contro ogni logica e porta il caso in tribunale.

 

The Verdict Movie Poster

 

 

Da qui parte Lumet per presentare quello che formalmente è un legal thriller di stampo classico, in realtà al centro di tutto, prima ancora del caso giudiziario e delle sporche dinamiche processuali, c’è la figura di uno sconfitto che si rimette in gioco per un ultima sfida, che ritrova di colpo lo slancio necessario per lottare, contro tutto e tutti, contro una società che protegge i forti e ignora i deboli, contro una giustizia che può essere aggirata, contro la verità che può essere mistificata e soprattutto contro se stesso, contro le paure e le insicurezze di un uomo solo.
Il cinema di Lumet è sempre stato caratterizzato da forti connotazioni sociali, antropologiche direi, temi forti trattati con piglio deciso e mano sicura, le mille facce della giustizia e l’analisi dei procedimenti penali stavano al centro del suo film d’esordio, quel capolavoro indiscusso de
La parola ai giurati (1957).

Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e la visione del regista, pur sempre orientata all’innalzamento di valori positivi e moralmente accettabili, si è fatta decisamente più cupa, quasi decadente nella rappresentazione, è questo il climax che si respira fin dalle prime sequenze de Il Verdetto, sono gli stessi protagonisti (positivi e negativi) a puzzare di vecchio, di stantio, non si punta su giovani e rampanti avvocati ma su vecchie glorie corrose dalla vita e dai suoi mille compromessi, dalla compravendita di opportunità, dall’ipocrisia delle masse, dai falsi idealisti (il dottore che si spaccia per giustizialista e che poi sparisce nel momento del bisogno).

 

Between takes on The Verdict.

 

 

Non è un caso che tutti i personaggi principali sono interpretati da attori maturi, da gente in grado di rendere su schermo le contraddizioni della vita, Newman eccezionale nel rappresentare l’inadeguato Galvin (per certi versi l’egoista Galvin), ma non gli sono da meno due vecchie volpi come Jack Warden e James Mason entrambi grandiosi, l’unica eccezione è per la più giovane Charlotte Rampling ma in questo caso il ruolo imponeva una scelta obbligata, e comunque la Rampling non è certamente la classica bellezza Hollywodiana.

Dici Lumet e dici grande cinema, a volte grandissimo cinema (inutile elencare la lunga sfilza di opere), eppure troppo spesso ci dimentichiamo di questo fondamentale cineasta scomparso nel 2011 dopo una carriera lunga cinquant’anni, un regista che ci ha dato tanto e che con rara passione ha sempre seguito un percorso preciso, il suo è sempre stato un cinema di denuncia e di inchiesta, sempre pronto a scavare nel torbido di un America dominata da contraddizioni e speranza, Lumet merita un posto tra i grandissimi, punta di diamante di un cinema che oggi non esiste più.
Cinque le Nomination all’Oscar per Il verdetto, tra cui quelle a Newman, Mason e Mamet per la sceneggiatura (da un romanzo di Barry Reed).

Ecco, di Mamet ci sarebbe da parlare per ore ma già l’abbiamo fatta troppo lunga.

Voto: 8

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