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Alien: Covenant

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su Alien: Covenant

di maurizio73
4 stelle

Si finisce per disinnescare tutto il potenziale che aveva fatto il successo del soggetto originale in un film derivativo che affastella troppi temi, si appoggia ai soliti stereotipi di una abusata sospensione dell'incredulità e caratterizza con risibile superficialità personaggi involontariamente votati al suicidio. Razzie Award tutta la vita!

In risposta ad un messaggio radio proveniente da un misterioso mondo abitabile, la nave spaziale USCSS Covenant, gravemente danneggiata da una tempesta solare, decide di sbarcarvi, deviando dal suo percorso programmato verso un remoto pianeta da colonizzare. Il rigoglioso paradiso silvestre su cui atterrano però, nasconde l'oscuro segreto di una nave terrestre atterrata anni prima, di un ambiguo androide con manie di grandezza ed una letale creatura ibrida che vorrebbe sterminarli tutti.
Finale movimentato.

 

locandina

Alien: Covenant (2017): locandina

 

Ennessimo capitolo (sequel del prequel 'Prometheus') della saga inagurata con Alien (1979), Ridley Scott batte sul ferro ancora caldo del suo franchise personale come George Lucas con la esalogia di Star Wars, dimostrando che gli effetti collaterali della dorata senilità Hollywoodiana sono un graduale esaurimento della creatività ed uno spoporzionato incremento del budget a disposizione.
I risultati sono effettivamente modesti, tanto per lo sviluppo di uno script derivativo che mette assieme spunti autonomi (la solita esca radio per viaggiatori spaziali un po' creduloni e la singolar tenzone con la mitica bestia proteiforme) ed altri di risulta (colonizzatori ibernati risvegliati da guasti meccanici alla Passengers, androidi megalomani ed esistenzialisti alla Westworld), quanto per un immaginario fantascientifico che si riduce ad uno sterile sfoggio scenografico ed al solito schematismo di una telefonata 'trappola per topi' dove la tensione latita, l'azione drammatica la fa da padrona ed i vaneggiamenti neoromantici di un replicante che sbaglia le citazioni vorrebbero impreziosirne il sottotesto filosofico. Se l'ambientazione claustrofobica e le angosce escatologiche di una superiore intelligenza rettiliana erano gli elementi qualificanti del soggetto originale, qui si allarga il discorso ad una vicenda che incrocia cosmogonia e delirio di onnipotenza (Prometheus), articolando il racconto nei tre atti di una vicenda che nella prima parte introduce il solito cast ben assortito di yankee in trasferta spaziale (c'è pure la bellona alla consolle e il cowboy alla cloche!), la seconda evoca i lugubri scenari di un intento manipolatorio sul tema del doppio con farneticazioni sugli inganni e la fallacità del potere (un uomo di latta Wizard of Oz che cita Ozymandias e ci rimanda all'ecatombe di un ingannevole totem fluttuante alla Zardoz) e la terza ci riporta a bordo nave per una resa dei conti finale ad alto livello testosteronico e basso quoziente intellettivo. Insomma si finisce per disinnescare tutto il potenziale che almeno a livello dell'action drammatica aveva fatto il successo del soggetto originale (Lost in space with...monster inside) in un film che affastella troppi temi (origine e sopravvivenza del genere umano, caducità del potere, nemesi di un Prometeo cibernetico, rischi della manipolazione della natura), si appoggia schematicamente ai soliti stereotipi di una sospensione dell'incredulità che mette a dura prova la pazienza dello spettatore e caratterizza con risibile superficialità personaggi votati al suicidio prim'ancora che provveda il loro feroce predatore spaziale (la pilota della navetta che spara ai serbatoi di carburante, il capitano vicario che infila la testa nel baccellone gigante, i governati della nave spaziale massacrati mentre fornicano sotto la doccia); come pure l'androide sapientone che confonde i partecipanti del famoso consesso ginevrino sul romanzo gotico. Michael Fassbender in versione David di Donatello si sdoppia e giganteggia su di un cast imbelle dove si salva (in attesa del risveglio da un sonno artificiale molto agitato!) la brava e androgina Katherine Waterston. La facile impostura di un arto mozzato garantiscono un episodio finale prossimo venturo in cui si farà tutti insieme il tifo per l'inesorabile legge darwiniana della sopravvivenza del più adatto. Razzie Award tutta la vita!

 

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