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Un re allo sbando

Regia di Peter Brosens, Jessica Woodworth vedi scheda film

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La recensione su Un re allo sbando

di OGM
7 stelle

Re decaduto. Impeccabile come sempre. Ma il suo mezzo sorriso ha assunto un significato nuovo.

Il re non è affatto nudo. È vestito della sua storia presente, del Paese di cui è il capo, di cui porta il messaggio in giro per il pianeta. Ed è proprio questo abito che lo rende fragile. Basta uno strappo per fargli perdere la dignità e la faccia, facendo a pezzi, insieme al costume di scena, anche il copione dell’intero spettacolo. Il povero Nicolas III è in missione diplomatica in Turchia quando la sua nazione, il Belgio, si spezza in due. Durante la sua assenza, la Vallonia dichiara l’indipendenza e tutti i suoi bei discorsi ufficiali vanno a farsi friggere. Resta solo l’uomo a cui hanno bruciato la casa, che deve trovare il modo per rientrare a constatare i danni e salvare il salvabile, ma che non può partire a causa di una complicata situazione internazionale. Emigrerà da clandestino, con mezzi di fortuna, attraverso un’Europa che della sua disgrazia si fa un baffo, mentre continua  la sua vita di sempre. Noi crediamo che certi valori siano importanti, alcuni principi insostituibili. L’Occidente si sente ricco della propria controllata stabilità, che assicura la pace e il benessere, e in cui tutti possono dare il meglio di sé. Possiamo bearci anche delle nostre creazioni superflue, come i prodigi architettonici che eleggiamo a simboli delle nostre conquiste. Usiamo di tutto per farci scudo nei confronti del dubbio. Questo film ci riporta ad una realtà puramente ipotetica, ma comunque possibile, che forse sta sempre in agguato dietro le quinte della commedia del nostro elitario autocompiacimento, elegantemente paludato di  storico orgoglio. Un sovrano scende dal trono e scopre che la felicità è roba da gente semplice, che non guarda ai grandi ideali, che goffamente si arrabatta nel suo orticello, ma non si scompone, non prova imbarazzo e così vince tutte le battaglie. L’ironia è una faccenda popolare: è il contrasto che sorge spontaneo, tra i bassifondi dell’incrollabile arte di arrangiarsi e le vertiginose cime del pensiero studiato e politicamente corretto, dei sorrisi di protocollo, delle presenze impeccabili che comunicano solidità. Fuori dal palcoscenico il sovrano non sa più recitare. Non gli resta che provare ad essere normale, a parlare quando è strettamente necessario, a rispondere alle domande, a risolvere problemi, ad essere gentile, a non sentirsi mai ridicolo. La catastrofe non lo ha reso un eroe. Lo ha semplicemente messo in difficoltà, facendogli scoprire che, nel mondo, non esiste un posto che lo possa accogliere. I simboli decaduti sono profughi senza patria. Non sono riconosciuti, tutti li considerano stranieri, nessuno capisce  la loro lingua. Sono convenzioni provvisorie, ad uso di pochi, alcuni dei quali magari ci hanno sempre creduto solo per finta. La loro esistenza raminga è davvero penosa. Non riesce nemmeno ad essere tragica. Questo racconto la mantiene saggiamente in bilico sul registro mediano delle cose così. Con il gusto sottile della parabola che insegna a tutti la modestia, impartendo una generale indulgenza.   

 

Bruno Georis, Peter Van den Begin

King of the Belgians (2016): Bruno Georis, Peter Van den Begin

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