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Train to Busan

Regia di Sang-ho Yeon vedi scheda film

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La recensione su Train to Busan

di pazuzu
7 stelle

 

Un fattorino a bordo del proprio furgone incontra per strada un posto di blocco anticipato da un cartello che parla di quarantena: ha urgenza di fare una consegna, quindi prega l'ufficiale di fargli evitare la deviazione e lasciarlo passare. Questi, mosso a compassione, chiude un occhio e gli dà il via libera. Appena ripartito, l'uomo in un momento di distrazione colpisce qualcosa: scende dal veicolo e constata di aver investito un piccolo capriolo, che giace a terra morto stecchito. Una volta verificato che il mezzo di trasporto non ha riportato danni, torna al posto guida e riparte. Pochi secondi dopo, l'animale compie degli scatti nervosi, poi, di colpo, si rialza.

 

 

L'incipit di Train to Busan (titolo originale: Busanhaeng) ne delimita da subito il perimetro: niente di nuovo sotto il sole, ma l'ennesimo film sugli zombie, o meglio, l'ennesima variante sul tema, e senza neanche i sottotesti di critica politica e sociale cari a Romero. Eppure, Train to Busan è un prodotto commerciale di assoluto livello, un horror avvincente che tiene incollati sulla poltrona per due ore e fila dritto come il treno sul quale è ambientato: il treno che da Seul conduce a Busan, sul quale un'umanità varia e composita sta viaggiando ignara del misterioso virus che si sta allargando a macchia d'olio nel paese e che sta per diffondersi anche lì, attraverso una ragazza salita in corsa subito dopo esser stata ferita.

 

 

Valorizzato da ottimi effetti di trucco, diretto con mano sicura, e nobilitato da una buona qualità tecnica complessiva, Train to Busan si discosta da molti prodotti affini per l'attenzione riservata in sede di scrittura ai personaggi, stereotipati quanto si vuole ma ben definiti e resi capaci di generare empatia: merito di Sang-ho Yeon, regista e sceneggiatore al secondo film con attori in carne e ossa dopo un inizio di carriera dedicato all'animazione, è aver saputo evitare che la fretta di mettere in scena la carneficina travolgesse il racconto trasformandolo nella consueta sequela di scene splatter fini a sé stesse.

 

 

Dal broker separato costretto a rinunciare a una giornata di lavoro per accompagnare la figlia dalla madre, all'uomo rozzo ma di buon cuore salito a bordo con la moglie in avanzato stato di gravidanza, dal battitore di una squadra liceale di baseball con cheerleader spasimante al seguito, fino al viscido e codardo dirigente d'azienda che pensa solo a sé stesso, tutti i passeggeri di questo sfortunato treno sono serviti da dialoghi credibili e dotati di personalità tonde che li rendono adorabili, detestabili, o più semplicemente umani, e che trasformano quello che aveva tutti i crismi per essere la dimenticabile scopiazzatura di altri, in un horror di tutto rispetto che fa il suo lavoro fino in fondo, ripagando la mancanza di originalità con tanta sostanza e la giusta dose di adrenalina.

 

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