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Aquarius

Regia di Kleber Mendonça Filho vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Aquarius

di laulilla
7 stelle

Alle soglie della vecchiaia, dopo la morte del marito e la “diaspora” dei figli, ciascuno per la propria strada, Clara (Sonia Braga)  vive da sola a Recife, in un condominio un tempo ideato per ospitare la buona borghesia locale e denominato Aquarius. Nell’alloggio di sua proprietà, affacciato sulla bella spiaggia brasiliana, essa custodisce gelosamente le testimonianze e i ricordi  di trent’anni della propria storia: sono gli oggetti che parlano della sua brillante carriera professionale di giornalista musicologa (i vinili stipati sugli scaffali fino al soffitto, insieme ai ritagli di giornali e alle fotografie in compagnia di famosi musicisti); sono anche gli arredi, muti testimoni delle gioie del periodo felice del suo matrimonio e della maternità, nonché dei dolori della malattia che l’aveva colpita ancora molto giovane (un cancro al seno, superato grazie a una crudele amputazione, alle pesanti cure che le avevano fatto perdere per qualche tempo i bellissimi capelli, e grazie anche alla propria caparbia volontà di vivere). Ora la bella dimora, carica di memorie, è insidiata da una società di immobiliaristi, molto potente in Brasile, che ha già acquistato tutti gli alloggi del condominio ed è decisa ad acquistare anche il suo, con le buone maniere in un primo tempo (offerte molto vantaggiose, sempre rifiutate) e adesso con le cattive (minacce, dispetti e intimidazioni di ogni tipo), per attuare la colossale speculazione edilizia destinata a mutare l’aspetto di Recife e della sua prestigiosa spiaggia, ormai poco fruibile, essendo la balneazione resa rischiosa dagli squali che infestano le acque della bellissima baia di Pernambuco. Il film è il racconto della lotta sorprendente intrapresa da Clara, quasi da sola, con pervicace ostinazione, per difendere insieme alla sua proprietà, se stessa e la propria dignità.

La vicenda, anche se per alcuni aspetti ricorda un bel film dagli accenti quasi dickensiani di Mike Leigh del 1988, High Hopes (la faccia più spietata della speculazione edilizia a Londra durante il governo di Margaret Thatcher), si colloca in modo originale e nuovo, nei suoi sviluppi e nella imprevedibile conclusione, ai nostri giorni per il ritratto moderno e inquieto di Clara, che vive l’ultima fase della vita non come una cadente vecchietta, ma rivendicando il giusto rispetto per le sue esigenze: il suo corpo, pur gravemente offeso, è ancora in grado di esprimere vitale sensualità; la sua mente è ancora lucidissima e presente a se stessa e intende mantenere intatta la memoria di un passato di rivendicazioni femministe, che, proseguendo una tradizione di famiglia, Clara aveva vissuto fra le mille contraddizioni e lacerazioni che soffrono tutte le donne, combattute fra il desiderio della propria affermazione personale e quello fortissimo di essere vicine ai propri figli. Non mancano nella narrazione del regista Kleber Mendonça Filho momenti di tensione penosa e talvolta struggente, soprattutto quando proprio dai figli arriva la pressante richiesta di cedere e di accettare di andarsene, dimostrando che essi hanno a cuore più la propria tranquillità che le ragioni di una madre fiera che non intende arretrare né svendere ciò che il denaro non può risarcire in alcun modo. Stupenda e perfetta l’interpretazione di Sonia Braga, in un film non certo privo di difetti (un po’ troppo lungo, forse), ma molto interessante, essendo anche, con ogni evidenza, una potente e metaforica rappresentazione dell'impoverimento politico e umano della società brasiliana oggi, e  sicuramente da vedere.

Presentato in concorso a Cannes nello scorso aprile.

 

 

 

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