Regia di Orson Welles vedi scheda film
Liberamente tratto da un romanzo di Whit Masterson, scritto da Orson Welles, è un eccellente film nero al di fuori della norma. Nella trasgressione degli schemi di questa insolita pellicola sono coinvolti numerosi elementi: atmosfera, narrazione, disegno dei personaggi, taglio visivo. Welles li usa tutti con una saggezza magistrale. Nel dirigere la sua 9° pellicola va alla ricerca dell’originale e del barocchismo più esaltante, qualità che in passato lo fecero emergere come un prosecutore dell’espressionismo tedesco.
L’estro visivo è il motore del film, l’atmosfera è il carburante. La straordinaria fotografia di Russel Metty immerge lo spettatore negli ombrosi e malfamati quartieri messicani, riunendo in un solo colpo tradizione hollywoodiana e originalità d’autore. Nella sceneggiatura e nella scelta degli attori infatti, (con Charlton Heston imposto a Welles dalla produzione) il film è in linea con l’ottica di Hollywood (sempre attenta al botteghino), ma analizzandone la struttura stilistica e il suo aspetto estetico Welles tiene d’occhio la lezione del cinema tedesco, aggiungendovi il suo brio visivo e allucinato.
Il film è anche una vera e propria tragedia shakespeariana, con Quinlan protagonista di un intreccio elisabettiano trasportato negli anni ’50. Nel dipingere il suo personaggio però, Welles inietta una dose di malvagità che in molte occasioni viene quasi giustificata; un’accoppiata tra uso errato della giustizia e uso razionale.
Divergenze professionali tra due poliziotti di stampo opposto: Vargas (Charlton Heston), messicano della Commissione panamericana antidroga, e Jack Quinlan, americano dalla dubbia moralità, sospettato di usare la legge a modo suo. Durante il viaggio di nozze del primo insieme alla moglie, succederà di tutto: minacce, colluttazioni, sospetti. E il sottile confine tra il bene e il male unito al dilemma “Il fine giustifica i mezzi”?
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta