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Paterson

Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film

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La recensione su Paterson

di Kurtisonic
9 stelle

Adam Driver

Paterson (2016): Adam Driver

Dopo poco più di una decina di lungometraggi, Jim Jarmush raggiunge la maturità artistica racchiudendo in un lavoro minimale tutti i pregi e i difetti del suo cinema, facendo di Paterson un mosaico visivo coerente. L’uso diretto del linguaggio, le sequenze ripetute, la riconoscibilità dell’azione dei suoi personaggi, l’inattaccabile vicinanza con i protagonisti sembrano creare un cortocircuito al quale neanche Paterson può sottrarsi, invece gli elementi di novità, che per un cinema frammentato e “fotografico” come quello del regista, rappresentano piccoli ma significativi scartamenti che arricchiscono la sua narrazione. Il film traduce in poesia del quotidiano la normalità di una giovane coppia (con cane), in sintonia con i canoni ideali di Jarmush che non prescindono mai dal bisogno dei personaggi di armonizzarsi prima con l’ambito sociale e una volta conquistata la posizione, di affermarsi all’interno di essa con la propria singolarità, a volte bizzarra ed estemporanea, in altre silente e provocatoria. Se ancora nel precedente film, Solo gli amanti sopravvivono (2013) il raggiungimento di una vita liberata da condizionamenti e da costrizioni in grado di coglierne la bellezza, derivava da una condizione privilegiata, ricercatamente marginale ma in qualche modo selezionata per scelte compiute o ideali, in Paterson l’irruzione della poesia del vivere non è il frutto selezionato della conoscenza per pochi, ma è una lenta costruzione in divenire giorno per giorno della propria micro realtà. Non ci sono gli affascinanti vampiri rockstar del film precedente, ma neanche l’emarginazione desolante ma molto “cool” di John Lurie in Stranger than Paradise (1984). Non c’era troppa normalità nell’umanissimo killer di Gost Dog (1999) come non era così comune aver seminato relazioni amorose con mezza dozzina tra le donne più belle del mondo disquisendo con quale di loro si potesse aver figliato (Broken flowers, 2005). Anche l’ambiente per una volta si trasforma, è lo sguardo poetico di Paterson (il nome del protagonista identico a quello del luogo in cui la vicenda si svolge) a rideterminarlo, non c’è il consueto corollario moderno e chiassoso dei grattacieli, ma nemmeno lo squallore rivalutabile delle periferie degradate. Ci sono i rituali quotidiani, una moglie ingenuamente stravagante, il nuovo corredo affettivo familiare dove gli animali sembrano più umani degli stessi. Quello che fa Jarmush dal punto di vista estetico non è da sottovalutare, imperniare dei testi poetici liberi da ogni metrica e riportarli in sovraimpressione sullo schermo per inserirsi funzionalmente con l’immagine è qualcosa di poco comune e in questi tempi così omologanti, coraggiosamente anti cinematografico. La qualità dei versi radicati con il tono e il ritmo del film si armonizza con uno scenario che riporta alla delicatezza e alla contemplazione di quel cinema giapponese a cavallo degli anni sessanta, più ricco di sfumature che di azione. Paterson si colora di tinte tenui, autunnali come il progredire del tempo che i ragazzini ospiti del suo autobus scoprono. La banalità non diventa una ricchezza dell’anima, ma al contrario la bellezza si può ricercare anche dove non si pensa che ci sia. Ecco che la formazione di Jarmush prende il sopravvento e si afferma, Paterson è un grande tributo alla controcultura americana, al minimalismo, alla beat generation, i suoi residuali personaggi sono il frutto di quella che doveva essere una grande rivoluzione libertaria troppo presto soffocata e che oggi non ha più nessuna visibilità se non realizzandosi dentro il proprio micromondo, il regista ne rivendica la (r)esistenza. Il semplice conducente di autobus Paterson scrive per sé dei versi folgoranti che quasi certamente nessun altro leggerà, ma sono il carburante della sua vita, capaci di restituirgli il senso di essa a cui si deve dare valore affinchè non vada totalmente sprecata. Probabilmente qualcuno si chiederà lungo tutto il racconto, a cosa possa servire, dove il film voglia approdare, invece ciò che colpisce sarà quando la poesia svanisce, quando i versi si disperdono, allora si percepirà quanto fossero importanti quelle semplici parole impresse su di un foglio bianco, capiamo fino in fondo quale sia il loro peso e cosa possano determinare nell’interiorità di una persona. Attenzione, sensibilità, amore per il mondo, gratuità dei sentimenti, il pacifico Jarmush realizza un intenso e commovente road movie a chilometri zero.

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