Regia di Andrea Vialardi, Silvia Monga vedi scheda film
Prodotto il cui livello è in tutto e per tutto ben al di sotto del già misero standard di una qualunque sitcom nostrana. Nulla la cura dedicata a un'opera nella quale appare anche un redivivo ma spento Andrea Roncato apparentemente affetto da inediti problemi di dizione.
“80 voglia di te” non è un brutto film per il semplice fatto che per esserlo dovrebbe comunque raggiungere quel minimo sindacale che gli permetta di esser catalogato come 'film', cosa che sfortunatamente non avviene. Siamo ad anni luce di distanza da quella professionalità che impedirebbe ad un cineasta la distribuzione di un prodotto tanto raffazzonato che persino i produttori di sitcoms da due soldi si farebbero scrupoli a mandare in onda. Pur volendo sorvolare su livello di sceneggiatura, messa in scena e recitazione, tutto ampiamente sotto lo zero, resta la totale assenza di cura per i dettagli a parlare per il 'film'. Date infatti un'occhiata a quello che dovrebbe essere lo studio dello psicologo, o ancora peggio al salotto di casa, che quando viene inquadrato dall'angolo inverso rende pienamente visibile l'estintore rosso sotto vetro sulla parete (chi non ne tiene uno nel salotto di casa?), nonché gli adesivi di Sky e BancoPosta sulla porta a vetri (vantaggio non da poco esporli sulla porta di casa, così quando un amico viene a trovarti già sa, senza dover chiedere, che A) potrà godersi la Champions League, e B) che se è uscito di casa senza contanti potrà comunque pagarti via POS, altro oggetto che non può mancare in una casa privata). E poi da quando Genova gode di un clima tropicale? Tutti vestono calzoncini e mezza manica e mangiano gelati, eppure stando al racconto siamo nel bel mezzo dell'anno scolastico. In realtà il fatto di essere in agosto si legge anche su un cartellone luminoso per strada in una scena (03/08). Insomma, nemmeno quel minimo di attenzione, tra chi scrive, chi dirige, chi azione la macchina da presa, chi monta la pellicola, per evitare figure così barbine. E idem dicasi per la scena della festa per il nonno, dico, quanto sarebbe costato far venire una ventina di comparse per renderla minimamente credibile? Anche magari parenti e amici che si prestano gratuitamente, al limite. E poi, insulto sul danno, questo tal Andrea Vialardi ripropone, in maniera asinina e pedestre, una mitica scena che il grande Totò ci aveva regalato in “Totò, Peppino e i fuorilegge”, riproposta poi, con passabile verve, da Lino Banfi in “Vieni avanti cretino”. Qui fa però solo pena. Chiudo con altri dati non meno preoccupanti. Il primo riguarda Andrea Roncato, uno che se aveva una qualità una era la parlantina facile, e che sembra qui invece recitare con un mangianastri in bocca (tipo Filini alla proiezione de “La corazzata Potemkin”). Davvero bisogna concentrarsi per capire quel che dice. Cos'è, gli hanno fatto una dentiera con qualche dente di troppo? Il secondo dato riguarda la sfacciata e invero ridicola pubblicità a getto continuo di quelle aziende che hanno evidentemente finanziato il film: la gelateria Excelsa, le scarpe Pepè, il ristorante InDarsena, lo spumante Degli Abissi, ecc. ciascuna delle quali si becca uno spot in piena regola, anche se, a dirla tutta, dubito che apparire in uno scult del genere possa generare benefici.
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