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Raw - Una cruda verità

Regia di Julia Ducournau vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Raw - Una cruda verità

di maurizio73
6 stelle

Tra radicalismo alimentare e iniziazioni ancestrali, il film sviluppa attorno alla 'cruda' realtà della natura umana la teoria del primato genetico su quello culturale, agitando il sospetto che i piccoli animali che alleviamo come figli nella rassicurante cattività dell'ambiente domestico potrebbero ben presto volerci azzannare alla gola.

Il primo impatto della sedicenne Justine con la facoltà di veterinaria dove si sono laureati i genitori ed in cui studia la sorella maggiore, non è dei migliori: vige un clima di goliardiche vessazioni nonniste, la ragazza è costretta a dividere la camerata con un aitante ragazzo gay e soprattutto viene obbligata a stravolgere la radicale dieta vegetariana cui sono da sempre abituati in famiglia. Scoprirà con sorpresa ed orrore l'irresistibile richiamo della carne.

 

locandina

Raw (2016): locandina

 

Il rischioso e disperato stratagemma suicida del moderno cacciatore antropofago con cui si apre questo sorprendente dramma dell'orrore, è la perfetta sintesi del raggelato gusto per il macabro che caratterizza il cinema d'autore francofono alle prese con le aberrazioni e le disfunzionalità di relazioni sociali e familiari che ricadono appena oltre la rituale rispettabilità delle convenzioni borghesi (Calvaire, Vlees, Cannibal Love). Sotto le mentite spoglie di un irriverente racconto di formazione che si fonda sulla doppia nemesi di un sistema educativo tanto disumano con gli animali che dovrebbe rispettare quanto settario verso gli umani di cui dovrebbe regolare la convivenza, il film della Ducournau oscilla tra le repressioni di un ambiente familiare improntato al radicalismo alimentare ed un ambiente accademico di rituali iniziazioni ancestrali, sviluppando attorno alla 'cruda' realtà della natura umana la soverchiante teoria del primato genetico su quello culturale e agitando il sospetto che i piccoli animali che alleviamo come figli nella rassicurante cattività dell'ambiente domestico potrebbero ben presto volerci azzannare alla gola. Giocato sul filo condutore di una graduale presa di coscienza sugli insopprimibili istinti trofici e riproduttivi di una adolescente repressa alle prese con la messa in discussione di un mondo di false certezze etiche ed assillanti costrizioni alimentari, les desarrois de l'eleve Justine si innestano lungo un percorso che scopre piano piano le sue carte, passando con beffarda indolenza drammaturgica dai consolidati stratagemmi della commedia horror di ambientazione collegiale ai morbosi risvolti del melodramma familiare a tinte macabre (Somos lo que hay, We Are What We Are), con tanto di tenzone fratricida tra sorelle cannibali ed un autoironico rovesciamento sessista di una regista che attribuisce cause e responsabilità per figlie degenerate ad una ambigua e controversa figura materna che agisce costantemente nell'ombra (fuori campo pure nella sconvolgente, ma non inattesa, rivelazione finale!). Scritto bene e girato ancora meglio, alterna con brillante disinvoltura il registro macabro a quello grottesco, disseminando lungo il corpo principale della narrazione i contrappunti di un eloquente simbolismo onirico (la scena delle matricole quadrumani costrette a muoversi carponi, la doccia di sangre durante la foto di gruppo, la corsa da fermo del cavallo costretto al giogo, il frustrante delirio di una crisi di astinenza sotto le lenzuola) con quelle di estemporanee ed ammiccanti divagazioni coreografiche in chiave pop-rap (la ragazza che sfodera un sensuale look virginale al ritmo di Plus putes que toutes les putes , la spaesata levataccia mattutina in piumone dell'ultima tornata matricolare con il commento musicale della nostra Nada), conducendoci al beffardo finale rivelatore con l'ennesimo pranzo vegetariano consumato controvoglia.

Brave le protagosniste principali, con speciale menzione per la misurata interpretazione di Garance Marillier: fragile e conturbante giunco di donna combattuta tra il buon senso delle inibizioni sociali e l'istinto primitivo di una irreprimibile voracità ferina. Premio FIPRESCI alla Settimana Internazionale della Critica a Cannes 2016, Sutherland Award al London Film Festival 2016 e triplice premiazione al Sitges - Catalonian International Film Festival 2016.

 

"Ma sono certo che tu troverai una soluzione, piccola mia"...

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