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La scoperta

Regia di Charlie McDowell vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La scoperta

di darkglobe
7 stelle

Film cupo e dalle atmosfere rarefatte

In La Scoperta si affronta l’impossibile tema di ciò che accade dopo la morte. Di certo la longa manus di Netflix, che si è accaparrata la distribuzione di questo film sul suo canale di streaming non depone troppo bene, data la paccottiglia cinematografica autoprodotta (almeno in termini di lungometraggi) spesso offerta con realizzazioni frettolose, attori dissonanti sia sotto il profilo estetico che recitativo, trame claudicanti riciclate in ogni dove.
Qui probabilmente si è tentato il colpaccio, buttandosi su una piccola produzione indipendente che vantava al suo interno la presenza di tre attori di rilievo.
Regia e sceneggiatura de La scoperta sono curati da Charlie McDowell, figlio d’arte. Il fisico Thomas Harber (Robert Redford) avrebbe dimostrato l’esistenza dell’aldilà, ma la dichiarazione in un'intervista pubblica ha provocato effetti disastrosi, generando una via via crescente ondata di suicidi da parte di gente comune che, insoddisfatta della propria esistenza, ritiene l’atto liberatorio compensato dalla prospettiva di un futuro diverso, un modo dunque conveniente per sfuggire al dolore ed alle sofferenze.


Per evitare ulteriori contatti col mondo esterno il fisico decide di rifugiarsi insieme al figlio minore Toby (Jesse Plemons) in un’isola del Rhode Island, in un ex-campo estivo per ragazzi difficili, un imponente edificio in cui proseguire i propri esperimenti costruendo una macchina che registri gli stati mentali in prossimità della morte. Thomas è anche attorniato da una moltitudine di seguaci, da lui selezionati quasi come si trattasse dell’ingresso in una setta: tutti hanno avuto qualche relazione con i sucidi conseguenti alla scoperta, o come tentativi personali o come parenti persi.
Il figlio maggiore di Thomas, Will (Jason Segel), neurologo che ha contribuito in passato agli studi, ha abbandonato da anni tutto dopo il suicidio materno, avvenuto il giorno dell’anniversario di matrimonio, morte legata all’accanimento totalizzante del marito per i propri studi, che ha annichilito il rapporto matrimoniale.


Will ritorna a trovare il padre e sul traghetto che conduce all’isola incontra una cupa ragazza di nome Isla (Rooney Mara) con cui scambia due chiacchiere e che pare le ricordi qualcuna. Isla pur ammettendo di credere nella scoperta di cui parla il televisore sul traghetto, visto che le prove sono schiaccianti, critica comunque i suicidi di gruppo, una cosa che considera ipocrita e da deboli.

Le prove non dovrebbero essere schiaccianti ma definitive (Will)


Un giorno Will, ispirato da alcune delle sue ricorrenti suggestioni legate ad un episodio di morte apparente avvenuto quando era ancora piccolo, va in spiaggia e si accorge che Isla si sta suicidando immergendosi in mare - si scoprirà che là ha perso il proprio figlio essendosi addormentata per breve tempo - correndo a salvarla e portandola nella villa del padre per farla inserire nella comunità.

Thomas nel frattempo è ormai pronto ad una sperimentazione conclusiva e chiede che gli si procuri un cadavere fresco, che i due fratelli e Isla riescono a recuperare furtivamente presso un obitorio.
L’esperimento pare fallire ma Will, quando tutti hanno abbandonato il laboratorio, si accorge che la macchina collegata al cervello del morto registra alcune immagini relative ad una visita ospedaliera. Will, senza riferire della cosa, inizia autonomamente ad indagare risalendo al luogo a cui quelle immagini si riferiscono, mostrando successivamente ad Isla, con cui ormai si è instaurato un rapporto affettivo, quelle stesse immagini, concludendo che l’apparecchio del padre non faccia altro che registrare semplicemente la memoria. I due decidono allora di contattare la sorella della persona morta, scoprendo con sorpresa la natura notevolmente difforme degli eventi reali rispetto a quanto registrato.


Thomas, portato in uno stato di pre-morte, si aggancia alla macchina, esperimento che porta alla visione del giorno dell’anniversario del matrimonio in cui lui stesso riesce ad evitare il suicidio della moglie, dedicandole l’attenzione che lei richiedeva. È solo a quel punto che Will, riportato il padre in vita, gli racconta quanto scoperto, confermando la riuscita del precedente esperimento ma concordando con lui e col fratello, una volta tratte le dovute conclusioni, sulla necessità di “distruggere la macchina” che sembrerebbe registrare la ripartenza di una nuova vita del defunto dal momenti di maggior rimpianto della propria esistenza.


Ho sempre sostenuto che l’aldilà sia un piano diverso di esistenza, ma se fosse un piano diverso di questa esistenza? La nostra realtà con alcune differenze e variazioni casuali. E se dopo la morte viaggiassimo verso una versione alternativa della nostra vita? (Thomas)

L’omicidio di Isla da parte di una delle donne appartenenti alla comunità, farà sì che Will stesso si sottoponga di nascosto alla macchina, ancora operativa, reincontrando Isla sul traghetto. Lei spiega che la prima volta che si sono incontrati su quel traghetto lui non è neppure sceso, leggendo poi sui giornali, con grande senso di colpa, della di lei morte per annegamento; un giorno è morto lui stesso, ritornando poi nuovamente sull'imbarcazione e così è accaduto in loop fino a quando non è riuscito a salvarla, aiutandola ad arrivare dove doveva… Nessuno riesce a ricordare - conclude - le proprie vite direttamente, ma a volte alcuni ricordi trovano il modo di venire a galla. Una successiva morte di Will non lo riporterà dunque più sul traghetto: “mi hai già aiutata ad arrivare dove dovevo ed ora tu andrai da qualche altra parte.” Will, ormai richiamato dai parenti, le chiede se al ritorno in vita si ricorderà di lei ed Isla risponde di sperarlo.

Quando arriverò di là mi ricorderò di te (Will)


Film che si basa essenzialmente sulle atmosfere e che dunque incede con un ritmo non certo serrato, pur non essendo privo di colpi di scena. Film cupo e dalle ricostruzioni sceniche assai rarefatte e musicalmente liofilizzate, al punto da generare quasi un senso di angoscia.
Il tema è di quelli duri, si parla di morte, ma su questo argomento si innesta un ragionamento sul potere della mente e su quanto possa accadere durante il trapasso. Pare quasi di leggere un testo di Maeterlink sulle nostre facoltà sconosciute in intimo rapporto con la subcoscienza o sentire l’eco di moderne scoperte secondo le quali il cervello continuerebbe a vivere per svariati minuti dopo la morte cardiaca.
Su questi ragionamenti e su possibili richiami alle teorie del multiverso, ricondotte al piccolo mondo individuale (un po’ come avveniva in Donnie Darko), si struttura una trama che pone al centro il tema dei rimpianti, dolorosi e difficili da accettare, e del ricongiungimento impossibile/possibile con i propri cari; quello sulla difficoltà e sul male di vivere che non sembrano trovare alcuna soluzione concreta se non il suicidio, ipotesi a cui una prospettiva di vita successiva spalanca le porte; quello del dolore, dei rimorsi e dell’amore come motori fondanti delle nostre principali azioni e scelte di vita; quello infine della necessità propriamente umana di individuare continuamente icone, santoni, guru da seguire costituendo recinti che soddisfino la propria necessità di autoriconoscimento all’interno di una collettività omogenea.
Il potere della mente e della sua capacità di comunicare oltre il contatto fisico prende visivamente corpo seguendo diverse suggestioni filmiche: la “macchina” ricorda in qualche modo quella analoga di Fino alla fine del mondo, le esperienze e sperimentazioni post-mortem ed i relativi ricordi rimandano a Linea Mortale, la terribile cupezza delle registrazioni prendono probabilmente ispirazione dall’immaginifico di diversi horror di matrice giapponese. Tutto in ogni caso segue un filo logico privo di particolari banalizzazioni o tediose speculazioni sull’esistenza.


Redford sembra un po’ l’ombra di sé, quando recita la sua implacabile ed un po’ posticcia durezza che, in una apparenza smentita dai “sogni”, antepone gli studi alle relazioni affettive con la propria moglie. Segel, attore spesso sottoutilizzato in commedie dal tono decisamente troppo leggero, pur se con le dovute meritevoli eccezioni, qui sembra assolutamente misurato, perfettamente calato nel suo ruolo di individuo in sofferenza ed alla ricerca disperata di affetti perduti. Notevole anche la recitazione della struggente Rooney Mara, coerente con il clima angosciante del film.
Non vi sono eccessi melò, anche sul finale, che possano trasformare il tema in una ridicola storia d’amore contrastato dagli eventi: qui l’inseguimento ciclico di Isla è semmai il cardine su cui si fonda l’affinità elettiva di due persone accomunate dalla profondità del sentire e dall’immenso dolore per la scomparsa di un familiare assai prossimo.
Degna di nota la fotografia di Sturla Brandth Grovelen, nella quale non dominano mai colori forti, tanto che in certi momenti pare di assistere ad un film in bianco e nero.
Il film è stato presentato nel 2017 al Sundance Film Festival.
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