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Paradise Beach: Dentro l'incubo

Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film

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alan smithee

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Paradise Beach: Dentro l'incubo

di alan smithee
6 stelle

Sola su uno scoglio che sta per essere inghiottito dal mare, contro una belva irrefrenabile affamata e rancorosa: si celebra nuovamente il mito della bella e della bestia, facendo tornare in auge un filone in grado di regalare emozioni e brividi, e dunque di esaltare un pubblico giovanile in delirio. Scontato ma efficace.

Bravino da tempo il catalano Jaume Collet-Serra, regista tosto da tempo immigrato con successo negli Usa, e che promette, ogni volta senza tradire o deludere mai troppo, adrenalina pura e brividi a pelle, ritmo forsennato e azione senza eccessivi e fuorvianti approfondimenti psicologici ( i pochi rimandi in tal senso servono, pure in questo, solo ad indebolire la tenuta emotiva del film).

Qui troviamo una splendida ragazza bionda, demotivata dagli studi in medicina, alle prese con una vacanza “sabbatica” alla ricerca della medesima spiaggia ove la madre (da poco deceduta a causa di un male incurabile) fu ripresa, prima della sua nascita, mentre era intenta a lanciarsi tra le maestose onde oceaniche con la tavola da surf.

Pure la nostra bionda è molto dotata in questo sport, e, giunta nella spiaggia mozzafiato ma senza nome della fotografia, si appresta a sfidare la forza del mare, scortata e corteggiata da due abili surfisti locali.

Peccato che verso il tardo pomeriggio, rimasta sola, la ragazza si accorge che la marea ha trascinato nelle vicinanze la carcassa di un cetaceo spiaggiato, oggetto di interesse culinario da parte di tutta una schiera di fauna di differente specie ed appartenenza: tra queste un gigantesco e pure astuto squalo, che, fatto strage di ogni anima respirante nei dintorni, ferisce gravemente la fanciulla costringendola a trovar riparo dapprima sul dorso maleodorante e martoriato della balena, poi su uno scoglio riaffiorato in concomitanza con l’abbassarsi della marea.

Alla ragazza, sola al largo con la bestia che le scorrazza in tondo, mancano solo poche ore prima che torni l’alta marea, in grado di catapultarla nuovamente tra le fauci del mostro marino.

Il thriller rispetta i cliché più che collaudati del cinema "di paura" incentrato sui mostri marini, ove tra questi lo squalo ha generato la indimenticabile serie aperta magistralmente da Spielberg e continuata con alterni risultati da registi decisamente meno dotati e brillanti.

Inoltre la pellicola è condotta con un sapiente ed accorto dosaggio della suspence, avvalendosi di riprese mozzafiato che spaziano dalla superficie sinuosa delle onde marine a quella, ancor più seducente e vellutata, del corpo mozzafiato dell’ex super top Blake Lively, bella ma pure plausibile, a differenza di molte sue altre colleghe difficilmente "esportabili" al cinema.

Inutile ostinarsi e pretendere troppo da un film del genere: Collet-Serra ha ben presente cosa vuole il pubblico e si organizza efficacemente per accontentarlo: in sede di scrittura i soliti sceneggiatori molto “americani” si sbizzarriscono senza ritegno con qualche melensaggine di troppo, restituendo ad un pennuto come il gabbiano, oggi considerato quasi ovunque come uno sciacallo con le ali, dannoso ed aggressivo, un ruolo più nobile e accattivante, facendone risaltare simpatia ed il cameratismo quasi ai livelli di una simpatica gallinella disneyana: vedere per credere, visto che il personaggio finisce per diventare il terzo incomodo - con il regista che si preoccupa anche nel finale di farci sapere tutto sul suo destino - dopo la coppia sulfurea e perennemente in contesa rappresentata da ragazza e squalo.

Quest’ultimo, che non poteva venire incenerito dalla pistola lanciarazzi (mi pareva che questa fine arrosto la facesse già lo squalo di uno dei seguiti del filone originale spielberghiano – correggetemi se sbaglio), farà una fine ancora più spietata, secondo una dinamica complessa a base di pressione e forza contraria che non convince proprio per nulla: ma a quel punto l’adrenalina ci ha già sfiancato quanto desideravamo, ed il film(accio) ha finito già da tempo di assolvere ad ogni sua funzione per definirsi un prodotto di puro consumo che funziona e regala le adeguate emozioni e brividi.

 

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