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Paradise Beach: Dentro l'incubo

Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film

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La recensione su Paradise Beach: Dentro l'incubo

di maurizio73
5 stelle

Survival movie che ripercorre gli itinerari turistico-sportivi alla Danny Boyle piuttosto che il terrore escatologico di un'arena balneare trasformata nel territorio di caccia del solito predatore miocenico, il film dello specialista Collet-Serra piega la scontata linearità di una trama facile facile alle spettacolari evoluzioni della mise en scene

Rimasta da sola su di una sperduta e paradisiaca spiaggetta messicana, una surfista americana dovrà fronteggiare la feroce voracità di uno squalo bianco potendo contare solo sul suo ingegno e su di una irriducibile volontà di sopravvivenza. Le saranno d'aiuto le sue competenze mediche, la tecnologia e l'affetto dei suoi cari che l'aspettano a casa.

 

locandina

Paradise Beach: Dentro l'incubo (2016): locandina

 

Survival movie che ripercorre gli itinerari turistico-sportivi alla Danny Boyle (127 Hours) piuttosto che il terrore escatologico di un'arena balneare trasformata nel territorio di caccia del solito predatore miocenico (Jaws), il film dello specialista Collet-Serra piega la scontata linearità di una trama facile facile alle spettacolari evoluzioni della messa in scena, tra slanci acrobatici sulla cresta dell'onda e riprese subacquee al limite del'ipossia, esaltando lo scontro della figlia di una figlia dei fiori in versione neoprenica e dotazione tecnologica 2.0. Con la sospensione dell'incredulità che si deve a chi vorrebbe farci credere che le isolate propaggini della costa centroamericana abbiano la stessa copertura 4G della Grande Mela e che un centinaio di tonnellate abbondante di cibo non sia sufficiente a saziare la fame di un predatore per giunta gravemente ferito, il film del regista spagnolo si fa apprezzare più per la contenuta onestà della durata e l'efficacia del montaggio con cui sviluppa il solito scontro a lieto fine tra uomo e natura, laddove un'insolita eroina dall'invidiabile personale sa ridurre la lussazione di un'ala di gabbiano come nascondere giudiziosamente un dente di squalo nel generoso décolleté, usare la tecnologia in maniera creativa come riuscire a sopravvivere, rinascendo per la seconda volta nel luogo preciso del suo concepimento. Insomma uno spottone tutto sommato divertente e movimentato con una strafiga New Age che riscatta con la tenacia ed il sangue freddo l'orgoglio di una madre prematuramente scomparsa e che, non ostante la sconsiderata abitudine di bazzicare da sola luoghi perigliosi ed isolati, riceve le rispettose attenzioni e l'aiuto provvidenziale di tutti i maschi della sua specie che trova in giro. Quando si dice avere... culo!
Belle e ben fotografate le solite location australiane del turismo surfistico made in USA (anche e soprattutto di quello cinematografico) e buona la prova della conturbante Blake Lively che riesce a reggere sulle sue fragili spallucce quasi tutto il film pur avendo a disposizione molte meno espressioni di quelle concesse al gabbiano che le tiene compagnia. Accoglienza di pubblico e critica inaspettatamente concordi nel decretare l'ottimo successo al box office per un film che poteva concorrere giusto per i Teen Choice Awards.

 

"E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l'acqua perigliosa e guata,
così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva."

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