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La ragazza del treno

Regia di Tate Taylor vedi scheda film

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La recensione su La ragazza del treno

di alan smithee
6 stelle

Un thriller a sfondo erotico/sessuale che ci riporta dalle parti di Attrazione fatale, Basic Instinct e Jade: nel bene e nel male. Storia che si sviluppa attraverso tre esperienze drammatiche di vita, tutte legate alla maternità. Interessante più che riuscito, a tratti efficacemente costruito, grazie a Emily Blunt e alla sua intensa sofferta prova.

“La ragazza del treno” celebra una storia di donna, anzi di donne: nella vicenda drammatica che svolta presto nel thriller più classico e dai risvolti (più o meno) imprevedibili, subentrano infatti la testimone oculare di una sparizione misteriosa, ovvero la turbata ed alcolizzata Rachel, la bella ragazza che scompare nel nulla, Megan, e pure Anna, la nuova compagna dell’ex marito di Rachel, da cui l’uomo ha appena avuto una bambina.

Scopriamo la dinamica delle cose durante l’abituale viaggio da pendolare di Rachel, che, dirigendosi verso il centro cittadino, prende ogni mattina un treno che attraversa le zone residenziali ove lei stessa abitava con l’ex marito, quando la sua vita pareva improntata verso la serenità familiare più scontata e desiderata. Invece l’impossibilità di rimanere incinta, l’abuso di alcol, l’instabilità e l’insicurezza, spingono Rachel poco a poco verso una deriva senza rimedio.

Nel contempo la regia compie diversi e talvolta azzardati ma necessari percorsi indietro nel tempo per presentarci anche le altre due donne: la bella e giovane Megan, dalla vita familiare apparentemente idilliaca con un aitante marito che desidera metter su famiglia, al contrario di lei, reticente ma con buone motivazioni; e pure la vita di Anna, nuova consorte dell’ex marito di Rachel, subentrata di diritto nella vita e nella casa dalla stessa Rachel arredata con cura, per il solo fatto di aver saputo rendere l’uomo genitore senza le molte problematiche riscontrate con lei.

La casualità, nella vicenda concitata e complessa tratta da un famoso romanzo best seller omonimo che non ho letto (né probabilmente leggerò), e da cui non potrò dunque trarre nessun tipo di raffronto, gioca un ruolo sin troppo azzardato andando a costruire un intreccio di rapporti in cui i sospetti finiscono tutti in capo alla donna più vulnerabile e problematica, ovvero Rachel, quando lo spettatore, avendo condiviso molti particolari sconosciuti ai più, sa che il colpevole va ricercato altrove.

In un finale caotico nemmeno impossibile da azzeccare, il film si snoda attorno a diversi colpi di scena calibrati con tattica, in grado di tener desta l’attenzione del pubblico e di districarsi secondo le regole più classiche del thriller di lusso patinato e dai risvolti sessuali molto insistiti, sulla scia del decisamente più riuscito Attrazione fatale del sottovalutato Adrian Lyne, o del più barocco e kitch Basic Instinct del talvolta sopravvalutato Verhoeven.

Nell’ambito di una mera operazione acchiappa pubblico e soldi, La ragazza del treno trova tuttavia una sua dignità e salvezza grazie alla resa della sua protagonista assoluta: Emily Blunt, magnifica, intensa, perfetta nel rendere con credibilità la devastazione, non solo interiore, che accompagna una donna nella discesa verso un baratro apparentemente irreversibile: l’attrice, bella ed attraente, qui si sciupa e devasta a tal punto da risultare brava come mai lo è stata in passato: per lei, salvezza dell’intero cinico e furbo thriller, non è azzardato ipotizzare una candidatura ai prossimi premi Oscar come migliore attrice protagonista.

Valide, ma non tanto quanto lei, la felina Rebecca Ferguson e Haley Bennett, mentre gli uomini, che moralmente da questa vicenda ne escono veramente malconci, sono rappresentati da un terzetto di aitanti attori del calibro di Luke Evans, Edgar Ramirez, e del “lynchano” Justin Theroux.

Il regista Tate Taylor è un esperto in film corali ove al centro dell'azione spiccano figure di donna: The Help è suo ed è stato un buon successo di critica e di pubblico circa cinque anni orsono.

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