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Civiltà perduta

Regia di James Gray vedi scheda film

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La recensione su Civiltà perduta

di starbook
6 stelle

L'elegia del viaggio e l'ambizione sono i 'cardini' su cui si basa l'intero film. Toni epici ma pecca di troppa 'misura'.

All'inizio del secolo scorso, l'esploratore britannico Percy Fawcett (l'attore Charlie Hanmann), per riscattare se stesso e l'onore della propria famiglia, si fa convincere ad intraprendere un viaggio nelle terre dell'attuale Bolivia, in foresta amazzonica, con lo scopo di completarne la mappatura.

Con un coraggioso aiutante (l'attore Robert Pattinson), dopo un estenuante viaggio transoceanico , si prodigherà nel risalire il fiume amazzonico Rio Verde inoltrandosi nella foresta in una ambiente abitato perlopiù da indios inospitali e ricco di pericoli quali malattie sconosciute, animali feroci e clima insalubre.

Tornerà in patria, segnato nel fisico e la mente, credendo di aver scoperto i segni dell'esistenza di una civiltà evoluta, nata presumibilmente prima di quella europea, dedicando il resto dei propri giorni alla ricerca de 'La città perduta di Z' (titolo originale), nome (Z) che conia credendola l'ultima città da visitare per completare la conoscenza occidentale nel campo dell'esplorazione. 

A tale scopo riuscirà a reperire i fondi per due successive spedizioni a cavallo della prima guerra mondiale vincendo lo scetticismo degli ambienti accademici inglesi e le reticenze della fedele moglie.

L'ambizione e la voglia di elevare il proprio rango vincono sulla ragione e l'amore verso i propri cari (e le comodità di una vita agiata) portando l'uomo e i suoi compagni di viaggio contro un ignoto destino.

Il regista James Gray costruisce un film dai toni epici come, per la struttura cadenzata a capitoli, 'Il cacciatore di Cimino e, per l'evolversi della trama, 'Apocalipse Now'-'Cuore di Tenebra', di Coppola-Conrad.

Dallo stile 'antico' non cavalca l'onda della spettacolarizzazione, evitando l'uso di inutili effetti speciali, e si mantiene in un terreno neutrale tra l'autorialità ed il mainstream forse dovuto alle eccessive interferenze della produzione. 

Buone le sequenze amazzoniche, di grande impatto visivo.

Senza strafare scorre via, non senza alcune lungaggini, per quasi due ore e mezza, onestamente senza lasciare segni 'indelebili'. 

Con nessun elemento lodevole di appunto riguardo all'originalità o ben che meno relativo alla recitazione degli onesti attori i quali , forse per l'eccessivo spirito british che dovevano imitare, risultano contenuti e scarsamente caratterizzati.

insomma un buon 'prodotto' ma realizzato con il 'freno a mano tirato' che non riesce a risultare l'apologo maestoso sulla cupidigia umana che forse avrebbe voluto essere distanziandosi anni luce dal capolavoro herzogiano 'Aguirre, furore di Dio' che per ambientazione ed intenti ricorda molto.   

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