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Miracolo a Milano

Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film

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cazzeggiatore del millennio

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La recensione su Miracolo a Milano

di cazzeggiatore del millennio
10 stelle

Il De Sica demenziale e crudele.

Un’anziana signora si ritrova a dover crescere un orfanello apparso nel suo orto, alla sua morte quell’orfanello finirà in orfanotrofio e, diventato abbastanza grande, quest’ultimo sarà finalmente pronto per affrontare grandi avventure.

Un film per famiglie come ora ne escono a bizzeffe, dove a dirigere però c’è Vittorio De Sica, talento assoluto e artista di un’intelligenza fuori dal comune; uno capace di enfatizzare ogni minuto di quell’ora e mezza di pellicola senza però toglierle quel peso, quell’importanza, sena togliere interesse agli eventi: riuscendo sempre e comunque a sorprendere, riuscendo comunque a gestire e smorzare il peso delle varie situazioni. Se in “Ladri di biciclette” aveva portato quel sentore d’ineluttabile tragicità in uno svolgersi degli eventi esasperato, quasi da film d’azione; qui quel dolciume quasi da diabete è continuamente mitigato da un’ironia demenziale, crudele per come punta a provocare mettendo alla berlina sia i ricchi avari che i miserabili meschini e dal sangue avvelenato.

Un inno a giocare e ad essere giocosi, sembra tutto un’enorme barzelletta, come il villaggio fatto degli avanzi di pattumiera o il fatto che, anche nella piattezza della povertà, si trovano varie figure che senza un minimo d’emancipazione – senza una qualche caratteristica che li possa distinguere dagli altri – non possono vivere. Una trama che ridicolizza tutte quelle precostruzioni mentali che limitano l’individuo più che aprirgli porte: il nero che diventato bianco si accorge di non aver ottenuto niente; quello che fa di tutto per mostrarsi meglio degli altri fino a rendersi conto di aver faticato senza motivo, fino ad impazzire e scappare; la statua che rischia di scatenare una scazzottata perché bella e voluta da tutti, tutti quelli che – per quanto buoni – ci mettono un attimo a diventare avari.

E poi ci sono quelle sequenze, quei pugni nell’occhio che sanno dare i grandi artisti, la scena del treno ad esempio o quella dell’inseguimento tra gli angeli per dirne un’altra. Una storia comunque che non vuole mai buttarla sul dramma anzi, al massimo, di quella cattiveria che spesso i personaggi si concedono, ne viene fuori un ritratto ridicolo, ironico, di un’ironia che ancora adesso fa scompisciare.

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