Espandi menu
cerca
All'assalto del viale

Regia di John Ford vedi scheda film

Recensioni

L'autore

alan smithee

alan smithee

Iscritto dal 6 maggio 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 316
  • Post 214
  • Recensioni 6387
  • Playlist 21
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su All'assalto del viale

di alan smithee
8 stelle

Il mondo malizioso e corrotto della grande città arriva a funestare e corrompere il tranquillo scorrere dei ritmi della vita contadina, mettendo a repentaglio una coppia, fresca di fidanzamento.Ma l'inganno avrà vita breve, e il mandriano derubato della sua donna,troverà il modo di riscattarsi, con l'aiuto fondamentale della "sua" gente a cavallo.

Per celebrare in modo opportuno la mia recensione NR.2000, ovvero questa che leggerete qui di seguito, pensavo da tempo che sarebbe stato interessante farlo con un film insolito, nuovo, e pure differente dal genere western, tenuto conto che la numero 1000 era stata da me “festeggiata” con uno dei migliori film di Monte Hellman, ovvero La sparatoria.

Di fatto All’assalto del viale è rispettivamente: poco insolito, se si pensa alla filmografia complessiva di John Ford; tutto il contrario di “nuovo”, essendo datato 1917 (quasi 100 anni, ci pensate?); un vero capostipite e baluardo della cinematografia western.

Ma Bucking Broadway (questo il titolo originale) è, a tutti gli effetti, tutto ciò che mi poteva capitare di meglio in quest’ultimo periodo, e pure di più insolito, da meritare di essere inserito in occasione di questa circostanza numerica così particolare.

La visione sul grande schermo, avvenuta presso la Cinématheque de Nice in occasione di una rassegna dedicata al grande regista, è stata davvero emozionante, come spesso capita quando si affrontano i capisaldi dell’epoca del muto, e si ripensa inevitabilmente a tutto ciò che è capitato al cinema in questo lasso temporale relativamente così vasto, o anche solo al fatto che tutto il cast dell’opera, dagli attori, al regista, alle comparse, ai tecnici fino ad arrivare alle maestranze, sono inesorabilmente e per cause naturali  tutti esseri viventi appartenuti ad un’altra epoca storica.

Il fatto di vedere molti di essi sullo schermo, nell’atto di recitare, muoversi (vorrei dire “esprimersi”, per quanto solo a livello di gestualità), suscita un sentimento misto tra emozione e  un filo di tristezza: un sentimento questo che, per una volta, concedetecelo, il cinema riesce a strappare alla pagina scritta, superandola.

Sembra impossibile immaginare il regista John Ford giovane: troppe foto lo immortalano come un vecchio austero con occhiali scuri o addirittura con benda nera su occhio sinistro come un temibile pirata (o il suo fantasma): eppure lo è stato, e questo prezioso reperto cinematografico ne è una tra le testimonianze. La visione del film, resa possibile grazie ad una rassegna dedicata al regista dalla Cinématheque di Nizza, non può non emozionare, riportandoci non solo ai tempi di ambientazione della vicenda, ma anche a quelli, praticamente contemporanei ad essa, in cui il film fu girato: 100 anni orsono, o quasi.

Un film muto, cadenzato da una musica di piano che diventa presto incalzante, dovendo sostituire la parola e dare ritmo ad una vicenda che di per sé ne è piena, non fosse che per le scene a cavallo e quelle in cui i cowboys si prodigano per ammaestrarli, iniziandoli al galoppo.

 

Una periferia antistante una grande città fa da baricentro iniziale ad una vicenda che ha inizio quando, presso il podere di un anziano allevatore di cavalli, si presenta un veterinario di nome Thortorn, per un controllo dei capi di bestiame.

Poco prima la figlia nubile e ventenne del padrone, Helene Clayton, veniva chiesta in matrimonio da un aitante addestratore di cavalli conosciuto come Cheyenne Hart, alle dipendenze del padrone della fattoria.

Ma il sopraggiungere dell’uomo di città, col suo comportamento sottilmente tendenzioso, sofisticato ed intrigante, finisce per irretire la giovane, galvanizzata dall’eventualità di poter godere finalmente anche lei degli agi e delle opportunità di una vita cittadina per lei completamente avulsa, e proprio per questo tanto agognata.

Fatto sta che, al momento della partenza dell’uomo, la ragazza si fa convincere a seguirla: una lettera di addio al padre, e nulla al suo promesso, che rimane sconvolto e disperato.

Ben presto tuttavia la vita caotica ed esagitata di città, ed il comportamento non proprio da galantuomo dell’ingannevole tentatore, spingono l’ingenua ragazza a ricredersi della scelta avventata che ha intrapreso; contemporaneamente Cheyenne, roso dalla rabbia e dal dispiacere, si convince ad andare in città per cercare di riprendersi la donna.

Il caos cittadino e le dimensioni eccezionali della metropoli non impediscono all’uomo di trovare la sua fidanzata, proprio nel momento in cui il comportamento del suo volgare antagonista stava dando prova di tutta la sua trivialità ed accidia.

L’intervento immediato e fondamentale degli amici cowboys del giovane mandriano, dopo una spettacolare irruzione tra le strade ed i viali cittadini fino alla festa ove si trovano i due fuggiaschi, darà man forte al nostro protagonista per riprendersi l’amata fanciulla, in lacrime e sinceramente pentita di essere caduta in trappola alla mercé dell’infame truffatore di città.

La storia esalta i movimenti e le scene d’azione, che trasposte a cent’anni orsono non possiamo non renderci conto di come potessero risultare emozionanti. Certo rivisto adesso, il film fa sorridere innanzi tutto per come viene tracciata e descritta la figura un po’ goffa della donna, ingenua fino a risultare disarmante per come cade facilmente in trappola. Né è conveniente soffermarci sui dettagli temporali riguardanti il trasferimento campagna-città da parte di ognuno dei protagonisti o co-protagonisti, letteralmente catapultati da un mondo all’altro con una rapidità propria di un teletrasporto.

La recitazione, sopra le righe per necessità di cose, dovendo l’espressione sostituire il linguaggio per farci comprendere la vicenda, richiede al regista di soffermarsi sui tratti somatici degli attori, abili a comunicare con lo sguardo e una platealità gestuale che sono i fondamenti del cinema espressionista. In questo contesto le donne, dimesse non senza restare esseri pensanti, seppur totalmente succubi dell’azione dominante del maschio, appaiono tutte come bamboline ci cera mentre l’uomo appare, anche nelle vesti del ragazzo mediamente giovane, come un uomo fisicamente maturo ed avanti con gli anni.

Ma al di là di tutte le valutazioni, quello che conta veramente è considerare i virtuosismi registici di un pioniere della settima arte, che troverà tutto il tempo per entusiasmare e sorprendere con sfaccettature narrative decisamente più sofisticate e attendibili. Lasciandosi avvincere, in questo contesto suggestivo che gioca sui contrasti stridenti tra vita semplice di campagna e quella della caotica metropoli, dalle numerose scene d’azione o dagli squarci aperti delle inquadrature di vallate che saranno certamente, soprattutto queste ultime, un panorama consono alla produzione successiva ed illuminata di questo grande uomo di cinema.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati