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Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film

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La recensione su Ustica

di alan smithee
3 stelle

Uno tra i più tragici episodi di strage che rientra di diritto tra le pagine di cronaca ancora ufficialmente senza risposta della nostra Prima Repubblica lungo un ventennio cupo e nero, viene rivissuto cinematograficamente sotto la direzione, energica come quasi sempre lo contraddistingue, del regista Renzo Martinelli. Un regista che non ammette sfumature né tantomeno mezzi termini o riflessioni, ma che anzi entra subito nel vivo dell’azione, sposando la tesi, tra le molte valutate senza ufficiali risposte definitive, dell’abbattimento dell’aereo a causa di un caccia militare libanese che, accostatosi al veivolo di linea per non risultare ai radar della vicina base militare americana, ha in realtà sbagliato le sue manovre, dirottando i missili americani sul volo di linea, portando alla morte l’intero equipaggio, forte di oltre ottanta persone.

La vicenda viene seguita sia da parte della madre di una delle vittime più giovani (la interpreta Caterina Murino), giornalista e fotografa impegnata in Calabria a smascherare una faida camorristica nella quale è implicato in prima persona l’ex marito (Enrico Lo Verso); sia da parte di una tenace pilota di elicotteri (Lubna Azabal), incappata per caso nel luogo dello schianto del caccia libico ed in possesso di uno stralcio del diario del pilota, deceduto nella caduta, ed impegnata in una indagine personale nella quale invischia pure il fidanzato (Marco Leonardi), politico siciliano rampante.

Le scene iniziali dei voli aerei promettono bene, ma lo sappiamo, Martinelli dove c’è da organizzare azione sa giostrarsi nel migliore dei modi anche senza disporre di budget all’americana (di cui difficilmente dispone); il problema semmai risiede in ambito di scrittura, e qui tocchiamo le note più dolenti della carriera variegata di un cineasta che non si può certo negare di definire “impegnato” a far luce su misteri, scandali ed episodi poco chiari del nostro ‘900.

E proprio in sede di sceneggiatura si toccano le punte più basse e inconcepibili della pellicola: protagonisti che pensano a voce alta per indurre lo spettatore a comprendere le premesse della vicenda (capita alla Murino, appostata nella boscaglia per incastrare il marito nei suoi incontri “criminosi”); capita quando sentiamo parlare il pilota libanese mentre obbedisce ai comandi, ripassa le sue mosse per poi finire a sfracellarsi e a causare l’altro e ben più immane disastro (dialoghi in parte doppiati – malissimo – in parte no, non si sa bene in base a quale criterio); capita quando si vuole rendere il senso della tragedia, e lo si trasferisce impunemente e quasi totalmente sulla tragedia di una madre che impazzisce a causa della perdita della figlia (sempre la Murino), e che a causa di tale tragedia si trasferisce tutto il giorno in riva al mare, nei pressi de L’isola delle femmine, vicino a Palermo, aspettando speranzosa il ritorno della figlioletta, abile nuotatrice.

Si aggiunga un utilizzo scriteriato di scenografie che ambientano buona parte delle scene tra ville sontuose più di molti castelli seicenteschi nella valle della Loira, ed appartamenti che paiono eguagliare per dimensione il museo del Louvre, ed ecco che ci si manifesta, in tutta la sua sfrontatezza ormai nota, l’ultima fatica cinematografica (in ordine temporale) di un regista che non conosce i mezzi termini, né la capacità o la finezza di raccontare, anche solo in parte, per rimandi, accostamenti, senza necessariamente spiattellare impunemente risultati o dati di fatto con una fierezza che sconfina quasi sempre nel cattivo gusto.

 

 

 

 

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