Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
A Venezia è arrivato "Arrival" il nuovo film di Denis Villenueve. Dopo 3 ottimi thriller (il mio preferito rimane "Enemy"), il regista canadese si cimenta con un genere completamente differente: la fantascienza. Il film è tratto da un racconto di Ted Chiang che si trova all'interno di una antologia: "Storie della tua vita", libro che pare essere un caposaldo per gli amanti del genere. Il racconto in questione si intitola: "Storia della tua vita". Come spesso accade il racconto originario è solo un pretesto per il film che lo rielabora. 12 dischi volanti a forma di spicchio di mela atterrando nei punti più disparati del nostro pianeta. Le potenze mondiali prendono così contatto con gli extraterrestri all'interno delle astronavi per comprendere cosa siano venuti a fare e che intenzioni hanno. Louise Bancks è la maggior esperta linguista degli Stati Uniti, viene così reclutata dal governo per poter decifrare il linguaggio degli alieni. Lei e un fisico di fama internazionale saranno la squadra di esperti autorizzati a prendere contatto con gli extraterrestri. Parallelamente agli incontri con gli alieni e agli sviluppi che ne derivano, il film ci mostra flashback della vita familiare di Louise. I ricordi di Louise, di sua figlia, del suo matrimonio si intrecciano con i progressi che la donna fa per comprendere il linguaggio alieno.
Il film fa perno proprio sulla difficoltà iniziale che i terrestri incontrano nell'entrare in contatto con una realtà completamente differente. Louise intuisce che per arrivare a comunicare con gli eptapodi (gli alieni hanno la forma di poliponi a 7 tentacoli) è necessario capirne la loro scrittura. Da qui si apre tutto un mondo fatto di ghirigori che non hanno una direzione regolare, non hanno un verso di lettura, non mostrano nulla di logico legato al nostro tipo di decifrazione. Bisogna aprire la mente ad un nuovo sistema di linguaggio e comprensione, che esula anche dallo spazio temporale fino ad ora conosciuto. Improvvisamente i ricordi del passato si trasformano in quelli del futuro e tutto il film assume un significato nuovo.
Questo è l'aspetto su cui punta tutto il film: creare un nuovo linguaggio per decifrare il colpo di scena finale. La chiave di lettura per comprendere ciò che ci era fatto intuire non ha l'effetto sperato. Quando lo spazio temporale viene unificato in una sola scena chiarificatrice appare un sorriso deluso sul mio viso. Una esplosione di immagini a mo' di spot pubblicitario cercano in qualche modo di colmare una soluzione finale davvero sotto le aspettative.
Se il film aveva quindi la pretesa di unire presente e futuro in un colpo di scena ha fallito miseramente, con il risultato di dividere nettamente una prima parte del film molto bella e suggestiva con una seconda che arranca in cerca di un finale ad effetto.
Solitamente un finale così deludente porta a scordarmi di una prima parte buona. Non è il caso di "Arrival", la bellissima sequenza dell'ascesa dei due protagonisti verso il disco volante è stata per me davvero emozionante, di forte empatia. Interrompo le comunicazioni con questo film nel momento in cui pretende di diventare un fantatrhiller di grande effetto.
Bravissima la protagonista assoluta Amy Adams, che riesce a interpretare nei migliori dei modi un personaggio non sempre chiaro. L'iniziale scetticismo misto a paura per l'incontro con gli alieni è il momento che più mi affascina di tutto il film, e la Adams ha la giusta personalità per farmi entrare in empatia con la protagonista.
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