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Ip Man 3

Regia di Wilson Yip vedi scheda film

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La recensione su Ip Man 3

di Immorale
5 stelle

Wing Chun e lezioni di ballo

Il capitolo 3 delle avventure del famoso maestro di Wing Chun riunisce la coppia regista/attore che avevano dato inizio al “revival” (cinematografico) del personaggio con l’ottimo capostipite del 2008. Buon ultimo, per il momento (sembra che un 4° sia in lavorazione), dopo le (deboli) variazioni sul tema di Herman Yau (“A legend is born” del 2010 e “The final fight” del 2013) e la caratterizzazione sontuosa ma (a parere di chi scrive) un po’ statica di Wong Kar-wai e del suo “The Grandmaster” del 2013.

 

 

La materia sceneggiativa appare ormai palesemente agli sgoccioli, l’esaltazione del personaggio trascende le iperboli “fisiche” già abituali nei film di arti marziali e si fa materia narrante. Si sceglie infatti di tornare, poco dinamicamente, ad una sorta di punto “0” del genere: gli anni 60/70 che lo hanno visti fiorire e prosperare, con un nugolo di pellicole realizzate con pochi mezzi, sia di scrittura che tecnici, attoriali ed anche marziali, stante le spesso scarse coreografie dei combattimenti.

 

 

Si punta pertanto tutto sull’azione, con una lunga serie di scontri, comunque ben coreografati, che si succedono senza quasi soluzione di continuità per tutta la durata della pellicola, intervallati da un plot e da dialoghi non memorabili, flebilmente indirizzati alla sterile definizione morale di una figura ormai “canonizzata” nell’immaginario collettivo.

 

 

Permane comunque la professionalità dell’insieme, i già citati combattimenti (a parte quello al porto, troppo prolisso), la regia dinamica che tenta inquadrature inusuali dei contendenti e l’ancora completa adesione stilistica di Donnie Yen (nonostante l’età che avanza) allo ieratico Ip Man. Con il surplus “mondano” della presenza di Mike Tyson tra i molti antagonisti del nostro eroe e un nugolo di facce note (viste negli altri capitoli) a riempire le fila dei molti comprimari.

Un po’ poco.

 

 

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