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La Notte del Giudizio - Election Year

Regia di James DeMonaco vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La Notte del Giudizio - Election Year

di amandagriss
7 stelle

 

Sfogatevi e purificatevi

 

Questo il motto, ripetuto all’infinito come un mantra, dai nuovi padri fondatori d’America, élite di privilegiati, classe politica conservatrice e reazionaria, che da ben 25 anni sostiene e difende la pratica dello sfogo, usanza oramai consolidata nella tradizione culturale del nuovo continente, che asseconda ed incoraggia con vivace creatività e affilato senso sadico il sedato istinto ferino della nostra natura animale.

Una sola notte all’anno si compie lo scempio della Halloween degli adulti, giorno di festa atteso come si attende un miracolo o una sentenza di morte.

A farne le spese, le classi sociali più disagiate che, non potendo difendersi adeguatamente, si ritrovano alla mercé dei purificatori di turno, per una notte all'anno padroni indiscussi della strada, dove riversano l’odio, la rabbia ed il male accumulato in 364 giorni di buona condotta (di sorrisi, mediazioni, conciliazioni) su malcapitati qualunque o specifici individui presi di mira per i motivi più svariati.

Il giorno della purga, che coincide con l’inizio della primavera, è il momento della catarsi: fare pulizia fuori per lavare dentro se stessi.

Distruggere, torturare, uccidere rimanendo candidamente impuniti.

Ritornando, come ogni anno, a smacchiare la propria anima dallo sporco della corruzione e dei cattivi pensieri.

Via dalla faccia della terra! è il monito rivolto a un bel po’ di gente considerata un peso morto per la società, se non proprio il suo tallone d’Achille, la sua piaga disfunzionale da curare ed arginare; parassiti che scatenano ed alimentano malattie, povertà, criminalità, i quali dovrebbero essere grati al sistema per il misericordioso interessamento nei loro riguardi, per quell’accollarsi l’ingrato compito di sbarazzarsi della loro fastidiosa, indecorosa presenza.

Mostrare riconoscenza sarebbe un atto dovuto, da cittadini onesti, coscienziosi e animati di buon senso.

Autoimmolarsi sull’altare del sacrificio socialmente utile ed economicamente necessario conferirebbe a siffatti rifiuti umani uno scopo nella loro miserabile vita e li renderebbe, come mai altrimenti potrebbe accadere, rispettabilissimi, onoratissimi servitori dello Stato.

 

Al 3 capitolo, The Purge dimostra di essere riuscito ad evolversi realisticamente e coerentemente da quell’embrionale discorso teorico che costituiva il primo segmento della saga, ancora una volta scritto e diretto da James DeMonaco, dal quale si traevano interessanti, provocatori spunti di riflessione sulle sotterranee tensioni di natura socio-economica della nostra contemporaneità.

Qui rincara la dose e ribadisce con ulteriore chiarezza i concetti alla base dell’importanza dello sfogo purificatore, strumento efficacissimo nelle mani della governance a stelle e strisce con cui esercitare il potere, controllare, reprimere e rimpinzarsi le tasche già sufficientemente piene favorendo la nascita e l’incremento di quella che, in fondo, è una diretta conseguenza fisiologica del purgatorio.

Il regista e sceneggiatore introduce, infatti, amplificando, così, la cornice del misfatto (allargandone gli orizzonti), la crescita esponenziale dell’aberrante fenomeno del turismo ad uso e consumo della pratica purificatrice.

Stranieri frustrati, provenienti dal resto del mondo e dalla vecchia nemica sovietica fanno un salto nella terra del sogno americano infranto giusto per prendersi una rivincita, limare qualche attrito, accoppando dei poveri disgraziati incrociati sul loro svalvolato cammino.

  

I momenti memorabili di questa terza, assai pregevole direzione di DeMonaco, lanciato in un nervoso quanto ravvicinato pedinamento di corpi sprofondati nell’inferno in terra di una notte brava, sono sicuramente da ricercare nei curati dialoghi tra i canuti padri fondatori, rinchiusisi nelle stanze dei bottoni a tramare e congiurare contro il nemico, che sta pesantemente minando i propri interessi, e nel monologo/sermone all’interno di una chiesa pronunciato con insistita veemenza dal loro senatore di punta candidato alla poltrona presidenziale, fanatico quanto un santone carismatico invasato.

E poi, naturalmente, il contesto.

‘Le maschere della festa’, inquietante, distintiva cifra stilistica del progetto The Purge fin dagli albori, ancora più elaborate e sinistramente spaventose.

E quei potenti scorci, bellissimi e raggelanti, splendidamente ripresi e fotografati, di strade come oppresse dalla densità delle tenebre, lasciate alla libera, brutale razzia del comune cittadino.

Elementi necessari alla tessitura della macabra atmosfera dello sfogo, forse, relegati un po’ troppo sullo sfondo, a reggere la storia principale, interessante per gli sviluppi di questo distopico eppure così realistico presente, ma non proprio tanto entusiasmante nella resa: la tensione si innerva ad intermittenza, sebbene l’ottimo sonoro si impegni a mantenerla alta e costante, e le soluzioni narrative registrano delle deludenti cadute di tono, come nel caso dell’inappropriato corpo a corpo sul finale tra il (più) cattivo dei cattivi e l’eroe con la faccia giusta senza macchia né paura Frank Grillo

[perennemente, inverosimilmente, avvolto nel cappotto scuro che fa più cool, impegnato ad estrarre a ripetizione da una normale tasca dei pantaloni una quantità incredibile di caricatori per arma da fuoco!!!]

a richiamare alla mente i brutti action movie alimentari ed elementari con tanto di battute gradasse a fare da ciliegina sulla torta.

Per non parlare di quelle sulla sempiterna delicata questione dei neri in terra d’America.

 

Ma The Purge: Election Year fotografa bene e molto da vicino la fitta rete di tensioni socio-politico-economiche e razziali che attualmente attanaglia gli Stati Uniti d’America, compresa la colorita campagna elettorale per la presidenza del Paese.

Come sempre il cinema, e soprattutto quello d’oltreoceano, sa parlare schiettamente (una volta sapeva farlo anche la filmografia nostrana) delle contraddizioni e aporìe dei tempi che vive, affondando efficacemente il dito nella piaga.

E James DeMonaco riesce a farci provare autentico dolore.

    

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