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La battaglia di Hacksaw Ridge

Regia di Mel Gibson vedi scheda film

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La recensione su La battaglia di Hacksaw Ridge

di lino99
9 stelle

L'arma della determinazione

Questa sì che è una storia vera da portare sul grande schermo. Un grande esempio di quanto possa essere potente in un uomo la fede vera, non il mero fanatismo, nonché un lungo spettacolo bellico ben orchestrato da Mel Gibson. La storia di Desmond Doss mostra l'importanza di quello in cui crediamo, i nostri principi e le nostre convinzioni, che costituiscono alla fine quello che siamo e che quindi tentiamo in tutti i modi di difendere. Il protagonista ha il coraggio di essere sé stesso e vuole essere amato per quello che è, un cristiano americano, non vuole assolutamente fingere nei rapporti con gli altri e, come i tanti suoi coetanei, è determinato ad arruolarsi per soccorrere i feriti sul campo di battaglia di Okinawa, con i conseguenti precetti religiosi, tra cui non uccidere e, in generale, non toccare un’arma, a seguito di un giuramento davanti a Dio dovuto al passato burrascoso col padre, reduce della Prima Guerra Mondiale e con ovvia instabilità psicologica. E’ curioso notare che in mezzo a uomini che si massacrano, si trivellano, si suicidano e si fanno esplodere lanciando un grido selvaggio Doss si distingue, sembra il più indifeso, quello che non ha speranze e che è destinato a dare la vita per la patria. Invece la forza della sua ostinazione lo fa correre imperterrito tra la nebbia, che nasconde di tutto, per cercare compagni ancora in vita e abbandonati dagli altri, prima che un soldato giapponese gli infilzi con la baionetta per testare la dipartita. Gibson non è nuovo alle battaglie (Braveheart) e nel più crudo dei generi, che non ha di certo bisogno di innovazioni ma semplicemente di un’ottima mano per rappresentarlo (v. Spielberg e Kubrick), sceglie un racconto insolito di fede e anche di emarginazione, dato che il primo obiettore di coscienza decorato con la medaglia d’onore viene picchiato, viene chiamato vigliacco, per poi essere lodato dal capitano, che gli chiede addirittura di perdonarlo per non aver capito in realtà di che pasta fosse fatto, ma soprattutto si guadagna il tenero sorrisetto di gratitudine dei commilitoni salvati (in tutto 75). Una parabola in fondo sul pregiudizio e di quanto può danneggiare la società. La struttura narrativa è sempre quella: la prima parte racconta la sua formazione, dall’episodio di suo fratello colpito da un mattone alla conoscenza di un’infemiera di cui è innamorato, mentre nella seconda veniamo catapultati sul fronte di battaglia, in maniera molto coinvolgente e, ovviamente, più spietata che mai, a cominciare dalla sequenza più bella del film, in cui, dopo aver scalato la scarpata di Maeda, detta “Hacksaw Ridge”, camminano a passo lentissimo e con timore tra la nebbia e i cadaveri malridotti sparsi a terra: la sparatoria comincia all’improvviso, dopo un grido di un soldato americano spaventato, e continua con le splendide inquadrature di Gibson, non disdegnando di mostrare anche un incubo e inaspettate comparse giapponesi sottoterra, che conferiscono anche l’horror della guerra, al di fuori del sangue e delle frattaglie. Un’impalcatura scenica retta anche dai grandi attori, dal protagonista Andrew Garfield, in grado prima di scherzare e sorridere e in seguito di arrabbiarsi e disperarsi, a Vince Vaughn e Sam Worthington, austeri sergente e capitano, dalla compagna Teresa Palmer al padre Hugo Weaving, che ha regalato un’interpretazione davvero struggente, per un personaggio tormentato e che si chiede perché debba vedere lui la tomba dei suoi compagni. Sul piano tecnico poi la pellicola eccelle, a tal punto da essersi guadagnata due oscar per montaggio e sonoro. Candidature anche per regia, attore, montaggio sonoro e film. Il tono epico è incrementato anche dalle musiche di Gregson-Williams e la sceneggiatura di Knight e Schenkkan offre dialoghi interessanti. Tra i film dell’anno assolutamente da vedere.

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