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Sully

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Sully

di scapigliato
9 stelle

Quando si dice che i film di Clint Eastwood sono perfetti, non lo si dice per moda, per convenienza critica o per sola tifoseria. Certo, qualcuna di queste componenti può indirizzare meglio lo sguardo e di conseguenza il giudizio, ma ciò che ci porta sempre e regolarmente ad apprezzare ogni pellicola di Eastwood è la perfezione della direzione, la compostezza delle immagini, la virata fredda della fotografia in un continuo viaggio nostalgico alle radici dell’homo americanus, la solidità dell’impianto narrativo – anche quando sembra eclissato più del dovuto, come in Gran Torino (2008) – oppure il rigore con cui asciuga non solo la storia, ma anche la composizione dell’immagine, facendo del racconto cinematografico una lettura epica e mitica, per nulla didascalica.

Tutto questo lo ritroviamo in Sully, in cui il travaglio del capitano Sullenberger per difendere la sua scelta di atterrare sul fiume Hudson e non all’aeroporto La Guardia sa di complessità kavkiana. Quando il sistema e i suoi meccanismi – a volte edulcorati di democrazia – mettono in discussione il “fattore umano” tanto caro al repubblicano Eastwood – tant’è che Invictus (2009; stesso anno dell’ammaraggio miracoloso sull’Hudson,) doveva inizialmente intitolarsi The Human Factor – l’Eastwood regista torna a raccontarci come è proprio l’individuo, e non la massa – se non per conseguente coinvolgimento emotivo ed etico – a fare la differenza. Concetto propriamente di destra, l’individualismo viene spesso negativizzato senza tener conto di come in realtà sia la coscienzalizzazione dell’individuo, la sua presa di posizione, la sua etica, il suo fattore umano, ad essere alla base di un universalismo umano di base puramente etica e non politica. Quindi, infine, di sinistra.

Anche se volessimo tralasciare la base ideologica su cui si fonda l’epos eastwoodiano almeno da Invictus a Sully – credo infatti sia questa la sua fase attuale – ciò che emerge chiaro ed evidente in Sully è la chiarezza espositiva non tanto della storia, questa va da sé, quanto piuttosto della regia. E questo invece succede ormai da Mystic River (2003), non certo il primo film di sola regia di Clint Eastwood, ma il primo sicuramente di un fase professionale in cui Eastwood passa regolarmente dietro la macchina da presa più che davanti. Infatti, le sole regie di Eastwood hanno cadenza decennale e sono Breezy (1973), Bird (1988) e Mezzanotte nel giardino del bene e del male (1997). Dopodiché inizia la lunga filmografia matura che parte proprio da Mystic River nel 2003. L’età ovviamente fa la sua parte, ma sicuramente anche la necessità dell’autore Eastwood di marcare ogni sua opera con un tocco preciso e riconoscibile si fa sempre più forte e convinta. E Sully conferma questa predilezione per l’Eastwood regista di dedicarsi al racconto cinematografico con cura e precisione, regalandoci ogni volta un’opera che va al di là delle ideologie politiche, al di là dell’americanità più esibita, al di là del bene e del male.

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