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Thelma & Louise

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su Thelma & Louise

di Baliverna
5 stelle

Per Thelma & Louise è venuto il momento di gridare a squarciagola "Basta!", un po' come per me mentre guardavo, davanti all'ennesimo personaggio di uomo disgustoso.

L'ho guardato quasi per atto dovuto, per il successo che ebbe, e per la notorierà che ancora ha, ma per nient'altro. Nel senso che non me ne sono mai sentito attirato.
E infatti. Il film non mi è piaciuto per niente, ma cercherò di limitare la mia recensione al mio giudizio cinematografico e di contenuto, dimenticando per un momento la pressoché totale assenza di piacere della visione.
Dirò subito che Ridley Scott ha fatto diversi bei film, alcuni dei quali considero capolavori, come Alien e Blade Runner. Qui però il regista naviga molto lontano dai lidi dove conobbe i suoi esordi.
Questo suo "Thelma e Louise" poggia tutto su un messaggio femminista, piuttosto rudimentale secondo me, che lo attraversa e che ne determina trama, dialoghi e personaggi. Le due protagoniste infatti compiono una sacrosanta fuga da uomini ottusi, egoisti, violenti, laidi, dominatori, sfruttatori, maniaci sessuali, ed altro ancora. L'unico che esce da questa ripartizione manichea è il personaggio di Harvey Keitel, ma è proprio l'unica eccezione. Sebbene poi, a mio modo di vedere, Thelma se le vada proprio a cercare, e per più di una volta, Louise le ripete che non è colpa sua. La loro stessa fuga, con la catena di eccessi e crimini del tutto evitabili, viene presentata come giustificata, e anzi come l'unica cosa giusta. E con questo criterio si giustificano tutte le azioni delle due, persino il puntare una pistola su un poliziotto: "se conoscesse mio marito capirebbe perché lo faccio" (?!). Durante il corso della pellicola la passerella di uomini repellenti diviene quindi scontata, tanto che sappiamo in anticipo come sarà il tal uomo appena entrato in scena. Per questo parlo senza problemni di totale prevedibilità in un film che sembra un treno su un binario dal quale non può scostarsi. Persino un uomo che non parla per niente, come il ciclista negro che si fa le canne, è un perfetto idiota. Il poliziotto, infine, fa il gradasso finché ha la pistola in pugno; poi però piange come un bambino cacasotto (altro stereotipo femminista).
La sceneggiatrice (non poteva essere che una donna) guarda il mondo con i tipici occhiali del femminismo, cioè lo vede diviso in due categorie, dove c'è sempre il sesso oppresso e il sesso oppressore, e dove la vendetta del primo è doverosa. Non è un caso che sia stato Karl Marx ad inventare queste categorie (che sono carta carbone con le sue teorie economiche) e praticamente a gettare le basi del femminismo. Una simile visione del mnondo, che vede la donna sempre come vittima innocente e legittimata quindi di vendetta violenta non riesco a mandarla giù, non fosse altro perché ritengo che la violenza provenga da entrambi i sessi, benché con caratteristiche diverse. Non riesco neppure a digerire l'uniformità di tutti (quasi) i personaggi maschili, che sembrano via via confermare la folle corsa delle due donne verso l'abisso. A proposito, la loro scelta finale mi sembra ancora più folle delle follie che hanno già compiuto. A sembrarmi debole è anche il presupposto che innesca la fuga: è proprio sicuro che il tribunale avrebbe dato torto alle due donne per un atto di legittima difesa verso un famigerato donnaiolo? Tuttavia, se guardiamo bene l'episodio, l'uomo non viene ucciso per legittima difesa, ma per vendetta o punizione per una frase laida e sadica pronunciata dopo che si erano entrambe già messe in salvo.
Tecnicamente il film mi sembra discreto, ma piuttosto convenzionale e non degno del suo regista. Per più di metà è una pellicola rumorosa e nervosa, con un continuo intercalare di claxon di guidatori inferociti (uomini?). La colonna sonora, che mi ha graffiato le orecchie, è composta dalle peggiori canzoni di un decennio che non si è certo distinto quanto a qualità musicale. L'unico elemento che mi è risultato piacevole sono le belle vedute del deserto all'estremo Sud-Ovest degli Stato Uniti.
Le due attrici sono brave, ma a servizio di un gioco sbagliato. E Brad Pitt inizia la sua carriera da super bello.
Da un regista come Ridley Scott era lecito attendersi un'opera più complessa e analitica, che non questo monocorde inno al femminismo vendicativo. Non so se il regisata credesse sinceramente nel suo film, o intendesse semplicemente solleticare e conquistare le platee femminili, sapendo che andava a toccare le corde giuste. Fatto sta che ciò è accaduto, e che accada ancora di più oggi, in una società dove l'uomo è sempre più denigrato e dove viene fatto sentire in colpa per il semplice fatto di essere uomo. Recentemente un personaggio italiano famoso, parlando della violenza sulle donne, ha affermato che tutti gli uomini devono vergognarsi di essere tali. Se ne vergogni lui, se ritiene, ma non tiri in questo gioco tutti i maschi. Come fa questo film, a tesi e manicheo.

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