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In guerra per amore

Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su In guerra per amore

di axe
6 stelle

Una commedia di ambientazione bellica, ambiziosa nelle intenzioni, discreta nella realizzazione, ma con alcune "deifaillances". Nel 1943, a New York, un italo-americano è innamorato di una giovane che viene però promessa in sposa dallo zio della stessa al figlio di un potente mafioso. L'unico modo che il giovane ha per poter avere la donna, nel rispetto della tradizione, è chiedere la mano al padre, che però vive in Sicilia. Non potendo compiere il viaggio in altra maniera, il protagonista si arruola e prende parte all'operazione Husky, nome in codice dello sbarco in Sicilia degli Alleati. Queste le premesse di una vicenda tragicomica, che il regista racconta intrecciandola con un'analisi di più ampio respiro, volta a spiegare come l'occupazione Alleata della Sicilia favorì l'affermazione dei poteri mafiosi, fino a quel momento contenuti dal regime fascista. Infine, il regista segue, ma senza trovare un punto di convergenza tra questa storia e le altre, la vicenda di una famigliola in attesa di un padre / figlio / marito. Il mancato ritorno a casa di quest'ultimo, pacificata l'isola, comporta nell'aziano padre una fortissima delusione per le non rispettate promesse del vecchio regime, rappresentate da una statua di Mussolini, che scaglia fuori da una finestra, facendolo rimanere metaforicamente appesa a testa in giù. Sono presenti altri simboli e citazioni; notevole una breve sequenza nella quale un contadino dà indicazioni ad un soldato americano, così come si vede in una famosissima fotografia dell'epoca. L'intreccio sentimentale passa un po' in sordina; non è un aspetto particolarmente curato, ma è del resto evidente che l'interesse dell'autore è rivolto a dare un'immagine della società siciliana, non eccessivamente "macchiettizzata" nonostante l'aspetto un po' favolistico delle ambientazioni, di tanti anni fa, e di spiegare come gli Alleati siano complici, se non artefici, della rinascita della criminalità organizzata in Sicilia, in quanto si sarebbero avvalsi della collaborazione dei signorotti locali per portare a termine le operazioni belliche con il minor danno possibile, e successivamente dei medesimi, e di persone a loro amiche - criminali comuni - per l'amministrazione dei territori "liberati". Emblematico è il monologo conclusivo del film. Il mafioso del paese liberato, nominato incredibilmente sindaco, s'arroga il diritto di indentificare sè stesso nella democrazia. Passabili le recitazioni; non ho gradito alcune sequenze che trovo fuori luogo, quali il trasporto del protagonista con l'asino mediante l'elicottero, un mezzo che all'epoca non era usato per operazioni belliche, e gli intermezzi del cieco e dello zoppo, che introducono il tema dell'omosessualità, poi non adeguatamente sviluppato. C'è infine da dire che il coinvolgimento della mafia americana nell'invasione della Sicilia è un elemento ancora avvolto dal mistero. Buone comunque le intenzioni dell'autore, che imbastisce una vicenda in costume che fa ridere poco, piangere così così e riflettere tanto.

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