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Cruising

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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Eric Draven

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cruising

di Eric Draven
8 stelle

Al Pacino

Cruising (1980): Al Pacino

 

Crusing con uno strepitoso Al Pacino. Un film scritto e diretto da William Friedkin, dall’omonimo romanzo di Gerald Walker.

 

Permettetemi innanzitutto, che gradiate o meno, una personale nota filosofica e riflessiva.

 

Ebbene, prima o poi dovevo arrivarci. Il sottoscritto, questo mi par ovvio, è spesso illuminato e al contempo vivamente adombrato da un perpetuo maledettismo che tanto l’affligge in esiziali, tormentanti visioni metafisiche della vita (vita che gli appare macchiata da un’invincibile tetra, avvinghiante ingordigia putrescente) quanto lo corrobora di rischiaranti, rigeneranti armonie macabre in linea con le zone oscure dei suoi (miei) meandri mentali e anche carnali. Sviscerando tutte le ansietà, spesso taciute o soffocate, e aprendole a lirici squarci di poesia notturna. Ove ritrovo me stesso, paradossalmente, nelle oscurità profonde dello scandagliare e riveder il mondo nella sua magnifica, angosciante nudità profetica e verissima.

Come questo film capolavoro, un film boicottato, censurato. Un film da rivedere oggi, in tali tempi stucchevoli e sciocchi, per capire cosa sia davvero il Cinema e per comprendere, soprattutto, quanto la nostra zuccherosa, rivoltante, appiattente, fasullissima, edonistica epoca di selfie cretini e di buonismi frivoli e ridanciani, ipocriti e ruffiani, abbia annerito spettralmente la bianca, adamantina potenza dell’immanente, commovente verismo di ogni intima, quindi giustamente combattuta, scabrosa, inquietante nostra natura umanissima, bellissima.

Crusing è un film che respira di vita vera. Nello sbattercela in faccia senza vergogna. Nella sua allucinante, raggelante descrizione minuziosa, antropologica di un sottobosco metropolitano agghiacciante. Perché esisteva, esiste ed esisterà immutabilmente ancora questa parte di mondo che i benpensanti s’ostinano a non voler vedere, un mondo da lor reputato disgustoso che vorrà esser cocciutamente cancellato dalla visione precettiva di ogni pedante, assillante, mostruoso pedagogo atto a istruirci e ad avvelenar il nostro sano animo sporcamente probo, in quanto vivaddio appunto peccaminosamente antropico, e perciò suscettibile di stupenda, vivissima fallacia, con ricattatori moralismi osceni, castratori, caramellosi, strozzandoci d’infantilistici schemi istruttori falsissimi e nauseanti, imbottendoci, iper-saturandoci, annichilendoci in dolcificanti prescrizioni esistenziali velenosamente annacquanti la nostra purezza saviamente malsana.

Crusing è un film malato, grandiosamente malato, un film meravigliosamente umano. Sull’uomo, sì. Sulla sua natura perversa. Sulla riscoperta delle nostre zone carnalmente, metafisicamente quasi sempre soffocate dal nostro super-io, da quegli appresi, “apprensivi”, rapprendenti “normali” codici di comportamento morale che, sin dalla nascita, inconsciamente c’hanno inculcato e noi, inconsapevolmente abdicandovene, abbiamo introiettato, accettandoli indiscriminatamente, pur forse vivendo male nel castigo (auto)perpetratoci con capziosa, innatistica falsità spaventevolmente crudele.

Crusing, un film crudamente puro sulla nostra viscerale, intrinseca natura risvegliata, turbata, sulle sconquassanti, terremotanti scaturigini emotive risorte o allertateci dopo tanto buio indottoci, dopo il nostro dannato esserci eclissati nell’ordinarietà della finta giustezza.

Crusing è un film che da noi non esiste in dvd né in Blu-ray.

L’unica versione home video attualmente esistente con audio anche in italiano, nonostante le pochissime copie ancor disponibili, è quella francese in vendita su Amazon.  E ne estraiamo la sinossi, peraltro identica a quella di Wikipedia. Che contiene moltissimi spoiler, quindi siete avvertiti dal proseguirne o meno la lettura oppure passare oltre.

 

A New York iniziano a essere rinvenute, nelle acque del fiume Hudson, parti del corpo di uomini. La polizia ritiene sia l’opera di un serial killer che abborda omosessuali nei bar cittadini per poi stuprarli e mutilarne i corpi. Così l’agente di polizia Steve Burns viene mandato come infiltrato nel mondo dei club per omosessuali per rintracciare l’assassino. Il suo lavoro da infiltrato lo porta a riflettere sulla relazione con la sua ragazza Nancy, e ad interrogarsi circa il suo orientamento sessuale. Burns commette uno sbaglio e porta la polizia ad indagare sul conto del cameriere di un ristorante, Skip Lea, il quale sarà costretto a spogliarsi e masturbarsi dinanzi a quattro detective per fornire loro un campione di sperma. Dopo aver assistito a questo episodio di brutale violenza, Burns capisce che i poliziotti non stanno conducendo le indagini al fine di scovare l’assassino, ma spinti unicamente da una delirante omofobia. Abbandona le indagini, ma viene convinto dal suo capo a riprenderle in mano. Steve riesce alla fine a rintracciare il vero serial killer, uno studente di musica, omosessuale, e lo arresta. Dopo quest’indagine Burns diventa ispettore e gli viene concesso un permesso, in cui probabilmente commette l’omicidio del suo vicino di casa omosessuale, Ted Bailey.

 

Ora, chiariamoci, è una sinossi, questa di Wikipedia, assai approssimativa. Perché il serial killer non stupra nessuna delle sue vittime. Le ammazza in modo, sì, brutale e ferino, ma soltanto dopo aver consumato con ognuna di esse dei maturi rapporti sessuali totalmente consenzienti. E alle sue vittime non mutila affatto i loro corpi. Anzi nel film, dall’incipit in poi, in cui nell’Hudson viene ritrovato, come detto, il braccio di un cadavere amputato, nessun’altra vittima viene recisa o mozzata negli arti. Semplicemente, seppur in modi differenti, le persone uccise dal sadico omicida vengono da lui soltanto mortalmente accoltellate. E basta.

E il personaggio del ragazzo che si masturba davanti ai poliziotti, interpretato da Jay Acovone, si chiama in verità Skip Lee, e di cognome quindi non fa Lea. Sebbene la pronuncia di Lee sia praticamente uguale a quella di Lea.

 

Al Pacino è Steve Burns, Paul Sorvino (Quei bravi ragazzi) è il capitano Edelson, Karen Allen è Nancy, la donna di Steve. Obiettivamente sottoutilizzata, qui innamorata di un macho assoluto, come le accadrà anche ne I predatori dell’arca perduta nei confronti d’Indiana Jones/Harrison Ford, un tipo di amore agli antipodi rispetto a quello innocentissimo da lei provato teneramente nei riguardi dello stralunato, alieno Jeff Bridges di Starman firmato John Carpenter, uscito quattro anni dopo.

Il film vanta nel suo cast il mitico caratterista Joe Spinell (Taxi DriverRockyUn mercoledì da leoni) che tre anni prima di Crusing, sempre per Friedkin, aveva lavorato ne Il salario della paura.

E vi è anche l’indimenticabile James “i guerrieri della notte” Remar. 

L’assassino è Richard Cox.

 

Che dire di più? Sapete già tutto. Si dice, e forse è vero, che il director’s cut, chiuso nella cassaforte di Friedkin, che probabilmente non vedremo mai, contenga quaranta minuti inediti di scene ad alto tasso pornografico. Ma poco importa...

Crusing fu aspramente criticato dalla Critica mondiale all’epoca, e si aggiudicò ben tre Razzie Award. Pensate, adesso è considerato un thriller stupefacente. Un ritratto memorabile della fauna newyorkese più invisibile e malvista dai perbenisti. Un Taxi Driver ancora, se possibilmente, più cupo e mortifero. Un film osteggiato e furiosamente attaccato dalla comunità gay dell’epoca che fraintese il messaggio di Friedkin e pensò che Friedkin avesse descritto la loro sessualità come quella estremamente condannabile di pervertiti ed esecrabili pederasti, maniaci e assassini.

Un must. E a me, sinceramente, non importa nulla dei suoi fantomatici 40min abbuiati.

Nella sua attuale versione di un’ora e quarantadue minuti, Cruising è comunque indiscutibilmente un filmone. Straordinario forse perché un po’ deturpato e incompiuto, perfettamente imperfetto.

 

Con un Al Pacino immane. Aveva appena quarant’anni ed era all’apice della sua scarna, pronunciata, emaciata virilità marcata. Nonostante l’indubbia, sua genetica bassa statura (ma è un marchio di fabbrica per Al...), l’ingobbita sua incerta camminata dall’andatura sbilenca, perfino sciancata e un po’ goffa da Shylock ante litteram, con addosso uno striminzito chiodo nerissimo e in testa un cappello dalla visiera metallica che accentuava fortissimamente la sua carismatica mascolinità pre-Scarface.

Che performance, che film!

Livido, spellante, disturbante, detonante!

 

Cruising è peraltro un film che sfata un’immonda diceria su Al Pacino. È tristissimo luogo comune di molti ignoranti quello di associare il nome di Al Pacino ai film gangsteristici. Uno sente Al Pacino e pensa a un boss mafioso.

Pacino ha interpretato molti film in veste di poliziotto o investigatore... Serpico, Seduzione pericolosa, Heat, Insomnia, Sfida senza regole...

 

 

di Stefano Falotico

 

 

scena

Cruising (1980): scena

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