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Fino alla fine del mondo

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fino alla fine del mondo

di hallorann
4 stelle

Il cinema di Wim Wenders è stato sempre affascinato dalla comunicazione e dal viaggio intesi come sperimentazione, ricerca, sfida e dolore di sé. Nel 1991 arriva nelle sale FINO ALLA FINE DEL MONDO, ambientato in un futuro 1999 in cui oltre ai temi portanti citati prima, il regista tedesco parla di minacce sul pianeta da parte di un satellite nucleare, di un’invenzione che permetterà ai ciechi di vedere luoghi, familiari, ricordi e poi un dispositivo che registra i sogni. Prevede un futuro, che è già presente, in cui saremo invasi di videocamere particolari (gli attuali iPad e iPhone), immagini e conseguenti dipendenze da essi, facendoci perdere contatto con la realtà e con l’umanità. Il libro che dalla vicenda vissuta ne trarrà lo scrittore Eugene Fitzpatrick, riconquistando l’amore della smarrita ed avventuriera Claire, sono la risposta ai tanti quesiti e al futurismo invasivo riversato nei 150 minuti della pellicola. A dire il vero ora esiste una versione estesa di quattro ore che a detta di Wenders rendono meglio il quadro d’insieme e la filosofia di FINO ALLA FINE DEL MONDO. In attesa di vedere questa versione integrale, quella ufficiale del ’91 non convince, pare costruita per essere un cult ma non ha nemmeno un fotogramma che richiami capolavori come L’AMICO AMERICANO o PARIS, TEXAS. Come dire buone solo le intenzioni. Il girovagare da Venezia a Parigi, da Lisbona alla Cina via Mosca, da Tokio a San Francisco fino al deserto australiano per permettere al protagonista Trevor/Sam di registrare immagini, filmati e testimonianze per la madre sono pretestuosi e sanno di cartoline che nemmeno Minghella è riuscito a eguagliare anni dopo. Più di una volta lo snodo narrativo diventa un nodo contorto e insensato, prolisso e confuso. La commistione di generi: spionaggio, avventura, commedia, love story, fantascienza appesantiscono il risultato, non si salva neppure il talento visivo del cineasta di NICK’S MOVIE. Anche il largo utilizzo di canzoni pare appiccicaticcio e scollato, nonostante nomi famosi e la qualità dei brani compreso il pezzo omonimo del titolo composto per l’occasione dagli U2. Cast prestigioso sulla carta ma di fatto sprecato e deludente, bellissima però la compianta Solveig Dommartin (autrice del soggetto con l’allora compagno Wim), tra gli altri appare l’attore aborigeno - futuro THE TRACKER di Rolf De Heer - David Gulpilil.

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