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Monte

Regia di Amir Naderi vedi scheda film

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Badu D Shinya Lynch

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La recensione su Monte

di Badu D Shinya Lynch
8 stelle

 

 

Monte è il controcampo de Il Cavallo di Torino: l'Immagine-ultima, secondo Tarr, è buio; secondo Naderi, invece, è luce. Di conseguenza, la pellicola del regista di Cut, risulta poter essere l'unica in grado di prendere in mano, per poi capovolgerlo, il discorso concettuale affrontato col e nel film testamentario dell'autore ungherese. 

Un'opera che, quindi, cerca di sopravvivere al grigio(re) delle immagini attraverso una necessaria involuzione antropologica e semantica, come fosse un animalesco e rabbioso ritorno all'alba dei tempi, per annullare ogni tipo di superstizione esistenziale, in un tentativo quasi scimmiesco di distruggere e far detonare quel cupo e scuro mon(oli)te che spegne e contamina la lucentezza e la verginità dello sguardo. Avviene, quindi, un'odissea nello spazio al contrario, in cui il feto stellare viene seppellito all'inizio del film.

Monte, in sostanza, raffigura il gesto herzogiano inteso come disperato ed ostinato tentativo di far deflagrare, tramite un'indispensabile scossa tsukamotiana, l'Immagine; di far espodere quest'ultima per ritrovare la luce - di riflesso, ritrovare anche acqua, vento, sabbia - intesa come spinta turneriana e speranza artistica che illuminano il cinema, restituendo esso definitivamente all'uomo e allo spettarore - attraverso un ritorno alle origini dello sguardo cinematografico, al Valhalla (rising) dell'Immagine - riportandolo, appunto, una volta per tutte, alla sua originaria ed originante dimensione umana, sospesa, da un punto di vista teorico, tra Nietzsche e Dumont, ovvero lontana da ogni tipo di deviazione religiosa.

Ecco che la settima arte compie il suo destino ed esplode in tutto il suo illuminante potenziale.

 

Claudia Potenza, Andrea Sartoretti

Monte (2016): Claudia Potenza, Andrea Sartoretti

 

Emblematica, a proposito del discorso affrontato nelle righe precedenti riguardante il destino dell'Immagine, la sequenza che si svolge verso il 90' minuto, in cui i protagonisti sembrano picchiare direttamente sull'Immagine: in questi momenti la montagna è esclusa dal quadro visuale e risulta, addirittura, fuori campo. Come a voler evidenziare l'importanza del gesto filmico e del discorso teorico dell'opera di Naderi. 

 

Andrea Sartoretti

Monte (2016): Andrea Sartoretti

 

Monte, in sostanza, risulta essere la summa della poetica del regista iraniano: in (e nel) Monte c'è tutta l'ossessione naderiana; l'ossessione verso  l'impossibile, l'improbabile; in questo caso, verso qualcosa che risulta indistruttibile. E da indistruttibile qual è, può essere distrutto, proprio perché il cinema può:

Il miracolo non ha nulla di trascendentale; ma è la manifestazione dell'ostinazione umana. 

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