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I Magnifici Sette

Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film

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La recensione su I Magnifici Sette

di rflannery
6 stelle

Solido remake del film di Sturges del 1960, a sua volta ispirato a I sette samurai di Kurosawa che dei tre è il capolavoro inarrivabile. Diciamo subito che, inevitabilmente, il film di Sturges batte quello di Antoine Fuqua 5-1. Passivo pesante, ma di là erano in campo almeno 5 fuoriclasse (Brynner, McQueen, Bronson, Wallach e Coburn), di qua c’è solo il grande Denzel Washington, tra l’altro al primo western in carriera, ad avere carisma e talento da vendere. Il film di Fuqua non è male nel complesso: tecnicamente è pregevole, con una bella fotografia firmata da Mauro Fiore, collaboratore di Fuqua già dai tempi di Training Day e Premio Oscar per Avatar che conferisce profondità al film. E il cast, decisivo in un film del genere, è ben assortito: Chris Pratt – che però impallidisce, è il caso di dirlo – rispetto al valore di Washington, Vincent D’Onofrio e Ethan Hawke entrambi in un ruolo un po’ troppo sacrificato e funziona abbastanza anche la bella Haley Bennett, unica presenza femminile di spessore nel cast.

Non ci si aspettava grandi cose da un film che, in un certo senso, poteva solo perdere il confronto con il film originale; tanto più nelle mani di un regista altalenante come Fuqua, capace di dirigere film tosti come il già citato Training Day (che fruttò peraltro un Oscar discutibile a Washington) ma anche B movie brutarelli (Attacco al potere, The Equalizer). Invece il regista afroamericano di Southpawse la cava, basandosi sulla sceneggiatura rielaborata da Richard Wenk e Nic Pizzolatto (quello della serie  tv True Detective), che cercano di ammodernare la vicenda che diventa una sorta di Avengers multirazziale con le pistole invece dei poteri e dove ognuno dei sette, o quasi, ha una specificità. Un bandito messicano redento, un santone un po’ strano, un bianco imbroglione ma in fondo in fondo buono come il pane, un pellerossa, un orientale un po’ ninja e un reduce sconvolto dalla Guerra di Secessione. E poi lui, il capitano nero con i suoi fantasmi cupi da fronteggiare. Tutti uniti contro le forze del Male, sintetizzate (decentemente, altrove ha fatto di meglio) da Peter Sarsgaard che capeggia una truppa di banditi che terrorizzano gli innocenti. Tutto già visto e archiviato, con un po’ di difetti narrativi (la parte preparatoria con l’arruolamento dei vari personaggi corre troppo veloce) e un lavoro sui personaggi troppo superficiale: l’unica figura minimamente raccontata è proprio quella di Washington.

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