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47 Metri

Regia di Johannes Roberts vedi scheda film

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maurizio73

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La recensione su 47 Metri

di maurizio73
5 stelle

Gli epigoni del Terzo Millennio delle mascelle pleistoceniche più famose della storia del cinema sono quelle di creature solitarie e territoriali per cui l'improvvida sortita tropicale di avvenenti millennial in crisi familiare costituisce la succulenta novità di una dieta altrimenti monotona.

La vacanza messicana di Lisa e Kate rischia di trasformarsi in un incubo quando le due sorelle decidono di immergersi, all'interno di un'apposita gabbia protettiva, in un tratto di mare infestato da un gigantesco squalo bianco. Qualcosa va storto e le due rimangono confinate a 47 metri di profondità con poco ossigeno nelle bombole ed un vorace predatore che pascola incessantemente sopra le loro teste.

 

locandina

47 Metri (2016): locandina

 

Gli epigoni del Terzo Millennio delle mascelle pleistoceniche più famose della storia del cinema sono quelle di creature solitarie e territoriali per cui l'improvvida sortita tropicale di avvenenti millennial in crisi familiare costituisce la succulenta novità di una dieta altrimenti monotona. Coevo del survival movie di Collet-Serra (The Shallows) ma uscito un anno dopo per questioni distributive, ne ripropone ingredienti simili e la stesso regime alimentare a base di culetti d'oro in trasferta messicana (là era la Blake Lively), menate familiari lasciate in sospeso, autoctoni decerebrati pronti a mollarle nei guai e l'uso fantasioso dei più moderni ritrovati tecnologici (smartphone, go pro, respiratori digitali, maschere a circuito aperto dotate di radiotrasmittenti, etc.) come unica risorsa di sopravvivenza in un ambiente selvaggio e primitivo.
Come si possa far durare tanto un film che si basa su di un'assunto tanto esile ed una trama così lineare è un mistero dell'action movie anglofono che ci spiegano bene gli esperti registi in campo, mettendo in scena le molteplici sfighe e le corrispondenti strategie di sopravvivenza che la desolante esiguità di mezzi a disposizione di femmine in neoprene disperse in mezzo al mare riesce a garantire loro e che in fin dei conti rappresenta il valore aggiunto di un'operazione di marketing che si tiene ben lontana dalle riflessioni minimaliste di un soggetto true-story based come Open water (2003). Mentre la bionda americana nel film del catalano faceva l'hopscotch da uno scoglio all'altro cercando di evitare meduse, cancrene e (soprattutto) denti di squalo, qui la situazione si complica grazie ad un'ambientazione subacquea che imprigiona due sorelle belle e diverse nella doppia impossibilità di una gabbia d'acciaio (se escono le fa fuori lo squalo, se restano loro fanno fuori tutto l'ossigeno), con la necessità di sortite alternate verso l'alto (dove possono comunicare via radio con l'imbarcazione che le ha mollate giù), e verso il basso (dove lo squalo non le può prendere) e con i rischi conseguenti della malattia da decompressione da un lato e la narcosi da azoto dall'altro. Insomma una situazione popopopo de merda che consente di gestire bene gli spazi limitati di un'ambientazione buia e claustrofobica, trovare spunti adeguati per alimentare la tensione e tentare la carta a sorpresa di un doppio finale onirico-allucinatorio che a svelarlo andrebbe via mezzo divertimento. Diciamo solo che alla fine arriva la guardia costiera yankee che salva il salvabile ed un epilogo drammatico che non t'aspetti.
Delle due gnocche meglio la Moore della Holt, anche se la prima è decisamente tracagnotta e strepita di più, mentre di sopra le attende in barca l'ombra smagrita e incanutita di un Soldato Joker che a fine carriera sembra aver fatto una fine davvero indecorosa.
Distribuito prima in Italia (Maggio) che in Nord America (Giugno), è consigliato a chi si batte da sempre per dimostrare che con gente simile lo squalo bianco non rischierà mai l'estinzione.

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