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Regia di Shion Sono vedi scheda film

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La recensione su Tag

di Cappiodelsole
9 stelle

Sono davvero contento di riconoscere che Sion Sono, uno dei registi giapponesi attualmente più interessanti, abbia finalmente raggiunto la maturità artistica necessaria per fare un grande film.

In questo TAG, infatti, abbandona tutte le acerbità proprie delle sue opere precedenti, per adottare uno stile compiuto, a tratti fortemente visivo (novità assoluta del cinema di Sono) e a tratti didascalico, ma mai spocchiosamente verboso e con l'aria da "io sì che ho un sacco di cose da dire" che si avvertiva nei suoi primi film (Suicide Club di cui non ho mai capito a pieno il messaggio contenutistico, Guilty of Romance e anche un po' Love Exposure).

 

La trama, in due parole. Belle teenager giapponesi tranciate a metà, tra gonne svolazzanti e in un mondo in cui  non sembrano esserci uomini; apparenti mondi paralleli e insegnanti formose che sterminano le proprie classi con mitragliatrici. E vi giuro, alla fine c'è a tutto una spiegazione. 

 

Breve analisi strutturale. Il film è tratto da un manga, Riaru Onigokko. In generale, uno spettatore con un minimo di esperienza di questo tipo di film sa bene come finisce questo tipo di adattamenti sul grande schermo: struttura filmica da serie tv, con il 90% dell'attenzione rivolto alla trama, poco contenuto, se non quello espresso direttamente dal succedersi dei fatti, pochissima sensibilità estetica da parte della regia. In definitiva, un'operazione commerciale e niente di più.

 

La bravura di Sono sta in gran parte in questo: nel prendere questa storia, togliere le cose che non gl'interessa mostrare, manipolare la sceneggiatura fino a creare un film che, come si suol dire, brilla di luce propria. Ha trasformato quindi una storia fondamentalmente inerte in un'opera d'autore, ricca di riflessioni (coerenti con la propria poetica!) intelligenti e non arroganti; e tutto ciò mantenendo la struttura iniziale del plot, a metà tra l'horror e lo splatter attira-ragazzini quindicenni (evidentissima tra l'altro nella provocatoria/provocante locandina).

 

Tematiche. L'assenza di libertà e la consapevolezza di ciò, sono le principali tematiche del film. Non sono particolarmente nuove nel cinema di Sono (è dai tempi di Suicide Club che il regista ci specula), ma per la prima volta il modo in cui esse vengono esposte è sopportabile (complice probabilmente la minore verbosità delle scene), e soprattutto, sono sviluppate in modo organico, sì da renderle coerenti con la trama, comprensibili e, in ultima analisi, convincenti.

 

Considerazioni sulla regia. A parte il fatto che la narrazione è incredibilmente fluida, ma questa non è una novità per i film di Sion Sono, essendo a mio modesto parere uno dei migliori storyteller in circolazione, la grande novità di questo film rispetto ai precedenti è l'attenzione per l'estetica della messa in scena. Certo, non siamo ai livelli di Kitano o anche di Nakashima, tanto per fare due nomi, ma è interessante notare che Sono, da regista della parola, abbia in parte cambiato approccio con questo TAG e sia diventato un autore in cui la parola è sì predominante, ma anche l'immagine ha la sua importanza.

I fan di più vecchia data probabilmente lo considereranno un tradimento, ma per ciò che mi riguarda è la prova ultima della maturazione del regista.

 

Colonna sonora. Quando gli orientali non toccano la musica classica, allora possono proporre belle colonne sonore. E' il caso anche di questo film, in qui fortunatamente Sion Sono ha deciso che si era stancato della musica classica e ha optato per una colonna pià "moderna". Chi conosce la mia opinione a riguardo, sa bene cosa penso delle pessime colonne sonore dei film di Sono, ma qui il giudizio è diverso, complice per l'appunto il cambio di genere.

Nella fattispecie, stiamo parlando di un complesso post-rock giapponese semisconosciuto (almeno qui da noi), ma la loro musica entra molto bene in sintonia con le scene. In particolare il finale è molto emozionante, e il merito va in gran parte alla colonna sonora, perl l'appunto. Da menzionare anche le scene idilliache della fuga delle quattro ragazzine al fiume.

 

Giudizio complessivo. Probabilmente meno ardito dei suoi primi lavori, ma più compiuto e meno autocompiaciuto. Mi piace pensare che questo sia soltanto il primo di una lunga serie di grandi film. Voto 9.

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