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L'uomo che vide l'infinito

Regia di Matt Brown vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che vide l'infinito

di Utente rimosso (dinogeromel)
7 stelle

Qualche deriva melò è il tributo, forse necessario, che L'UOMO CHE VIDE L'INFINITO paga per raccontare una storia vera che ha davvero dell'incredibile: quella raccontata da Robert Kanigel nella biografia di Ramadujan.

"Siamo semplici viaggiatori dell'infinito, alla ricerca della perfezione assoluta".
Inizia così il commosso discorso con cui G.H.Hardy (un intensissimo Jeremy Irons, doppiato meravigliosamente da Mario Cordova) accoglie nella Royal Society, Srinivasa Ramadujan, dopo essersi tanto battuto per questo riconoscimento, che avrebbe dato di diritto una cattedra a Cambridge al giovane, geniale indiano.
Per il freddo e distante uomo di scienza, "senza fede" e "senza affetti ("non vedo alcuna foto sulla Sua scrivania" lo rimprovera Ramadujan), la cui vita "è sempre stata la matematica", o "la suprema bellezza della matematica" (per usare l'ironia dell'amico Bertrand Russel), l'incontro con Ramadujan sarà "l'unico incidente romantico" della sua vita.
Ma chi è Ramadujan ?
Un giovane disoccupato di Madras (interpretato dal bravo "Milionaire" Dev Patel) che non essendo laureato non trova un lavoro adeguato alla sua passione, quasi mistica, per i numeri (i più lo prendono per pazzo).
Quando lo trova, come contabile di Sir Francis Spring (Stephen Fry), iI suo capufficio, che lo esorta almeno "a fingere di usare l'abaco", ne intuisce le potenzialità e lo aiuta a inviare un saggio dei suoi innumerevoli studi alle Università inglesi.
"Il grande sapere viene spesso dalla più umili origini".
A Cambridge le sue intuizioni arrivano sotto gli occhi del grande matematico Hardy e del suo amico e collega John Edenson Littlewood (impeccabile come sempre, Toby Jones), che lo fanno arrivare in Inghilterra.
È bravo il regista Matthew Brown a farci vivere il "sacrificio entusiasta" di Ramadujan: perché lasciare la giovane e amata moglie, deludere la madre con azioni considerate blasfeme come tagliare i capelli o attraversare il mare, non significano per lui "amare i numeri più delle persone", significano piuttosto seguire un destino segnato da Dio.
Brown ci accompagna poi nella emozione di Ramadujan lungo i viali e nei giardini di Cambridge, davanti all'albero di Newton, o ai suoi appunti esposti nel sancta sanctorum della biblioteca dell'ateneo.
Ad alimentare la nostra, di emozione, basta il solo apparire di un pensatore come Bertrand Russel (Jeremy Northam).
E ancor di più ci fa trepidare con Hardy e Littlewood nella scoperta delle geniali intuizioni del giovane indiano, per analizzare le quali "non basterà una vita...forse nemmeno due".
Ma le intuizioni di Ramadujan, che Hardy paragona a Eulero, non bastano: devono essere argomentate: è questo è difficile quando è Dio a suggerirtele.
Le discussioni su divinità e scienza ("In realtà Lei crede in Dio , solo pensa che non Le voglia bene"), la diffidenza e l'arroganza dei parrucconi di Cambridge, la follia della prima guerra mondiale: è tutto inserito in una sceneggiatura ben calibrata, alla quale si può perdonare qualche deriva melò, tributo forse necessario nel rendere omaggio a una storia vera, quella raccontata da Robert Kanigel nella biografia di Ramadujan, che ha davvero dell'incredibile.

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