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Ghostbusters

Regia di Paul Feig vedi scheda film

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La recensione su Ghostbusters

di EightAndHalf
2 stelle

La mania del reboot.

 

Paul Feig ci aveva illusi, soprattutto con Spy, di essere in grado con piglio spensierato e felicemente scorretto di rielaborare certi generi cinematografici nei toni e negli sviluppi narrativi, così da privarli delle venature conformiste e convenzionali cui ci ha abituato il cinema contemporaneo. I suoi progetti, pur apparendo innocenti ed esilissimi, hanno sempre una loro pretesa (di demenziale prassi postmoderna), dimostrata facilmente dai minutaggi (più di 90 minuti per un film demenziale possono a buon ragione far rabbrividire), e cuciti addosso alla sua musa, Melissa McCarthy. Il carattere postmoderno del cinema di Feig è quello di andare a prendere dal fondo del barile progetti fuori tempo massimo (Spy compreso, in ritardissimo rispetto ad esemplari più moderni, ma pur sempre risaputi, come Johnny English, con annesso seguito, e Agente Smart), e smontarli e rimontarli a suo piacimento sminuendo la linearità narrativa a puro pretesto per accumulare gag episodiche e situazioni inverosimili che nel migliore dei casi comunque non possono far altro che strappare una grassa risata. Per molti Feig può essere semplicemente il cantore della definitiva mancanza di idee della macchina hollywoodiana, ma la corazzata comica di Spy, almeno sul fronte dell'intrattenimento, poteva dirsi vincente, e non sfigurava accanto ai vari Red, Red 2 e da lì giù fino al penoso Mortdecai. Parliamo pur sempre di sottogeneri, trash infiocchettati, blockbuster dai grandi incassi.

 

Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Leslie Jones, Kate McKinnon

Ghostbusters (2016): Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Leslie Jones, Kate McKinnon

 

Ma se in Spy voleva esserci almeno la decenza di cambiare nomi, personaggi, e vagamente anche la modalità della comicità (decisamente più volgare dei predecessori/contemporanei, ma anche un po' più arguta), in Ghostbusters manca anche quella decenza. La riproduzione al femminile del format di matrice reitmaniana fa acqua un po' ovunque, mostrandosi farraginosa sia nella successione delle gag, sempre più incalzanti ed episodiche e sempre meno spassose, sia sul fronte visivo, che vanta alcuni tra gli effetti speciali più pacchiani e noiosi degli ultimi anni, anch'essendo coerenti con il cuore trash di serie B del film. Le pretese non mancano neanche in questo Ghostbusters, e si tingono anche dell'ossessiva e maniacale tentazione della citazione continua. Fatica a farsi strada (per fortuna?) anche il velato pippone femminista per cui gli uomini sono tutti stupidi o cattivi, e le donne le più forti (emblematica in tal senso la mitragliata alle palle del fantasma gigante), ma almeno quello avrebbe dato più coesione alla brodaglia. Invece essa appare indigesta e troppo lunga davvero, pur concedendo imbarazzanti risate sotto i baffi a chi ha voglia di staccare il cervello. A questo punto si può confermare che Feig non è lo Zucker, o l'Abrahams, degli ultimi anni, non avendo portato avanti con maggiore carisma quella che poteva essere la nuova direzione del cinema demenziale. 

 

scena

Ghostbusters (2016): scena

 

Fanno tenerezza e quasi compassione le comparsate di Sigourney Weaver e Bill Murray, meglio invece stendere un velo pietoso sulle produzioni di Reitman e Akroyd, che non si capisce come possano aver trovato bella l'idea di reiterare un pacchetto che era già fallito con il sequel originale, e che qui si presenta più stantio che mai. Giù di tono davvero anche la McCarthy. Attendiamo dunque un nuovo cantore del cinema demenziale che sappia intrattenere anche - perché no? - con maggior gusto visivo. 

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