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Balla coi lupi

Regia di Kevin Costner vedi scheda film

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La recensione su Balla coi lupi

di passo8mmridotto
10 stelle

Una trama esile, delicata, sentimentale, ecologica, con al centro un ufficiale di cavalleria nordista in viaggio verso le praterie dell' Ovest.

Si imbatte in una tribù Sioux che lo accoglie, e si innamora di unadonna bianca allevata dagli indiani.

A montaggio ultimato, ne risulta un'opera altamente poetica, un omaggio ai pellerossa americani, sterminati frettolosamente dalla crudeltà dell'uomo bianco.

Niente di nuovo, in apparenza, per cui Kevin Costner non trova uno straccio di produttore disposto a finanziare il progetto.

Inoltre, il romanzo omonimo di Michael Blake (1986) non aveva entusiasmato la critica e aveva venduto poche copie, tanto che l'autore, quando Costner lo chiamò per scrivere la sceneggiatura, faceva il lavapiatti in un ristorante cinese.

Costner non si perde d'animo, fonda una sua casa di produzione, ma non trova un regista disposto a dirigere un cast di sconosciuti,in buona parte indiani, in un film parlato nella lingua dei Sioux, il Lakota.

Tutte queste difficoltà mettono in allarme la stampa e la critica, che decretano il fiasco di un'opera neppure iniziata. Si ipotizza il fallimento della casa di produzione e la inevitabile fine della carriera dell'attore.

Ma i detrattori non potevano sapere che il piccolo Kevin all'età di undici anni aveva detto a suo padre Bill: "Papà, non dirmi mai che non sono capace di fare una cosa".

Costner decide di realizzare "Balla coi lupi" nella triplice veste di produttore, regista e interprete.

Per prima cosa chiama Doris Leader Charge, istruttrice presso il Sinte Gleska College della Rosebud Reservation (South Dakota), per insegnare a tutti gli indiani che recitano nel film la lingua Lakota, conosciuta ormai solo da qualche ricercatore e pochi storici.

L'operazione ha richiesto tre settimane, poi Doris ha preso parte al film come moglie del capotribù "Dieci orsi".

Nel frattempo, Larry Belitz ha ricostruito nella riserva indiana di Rosebud (South Dakota) un villaggio Lakota del periodo riferito alla storia narrata da Blake (1863).

Con metodo certosino, sono state ricreate le tende, gli utensili da cucina, mantelli, cuscini, le asce di guerra, gli archi e le frecce.

Cathy Smith ha invece realizzato i costumi, disegnati da Elsa Zamparelli, e ha fornito ai truccatori preziose indicazioni sui colori di guerra usati dai Lakota.

Costner è sempre più convinto della riuscita della sua impresa, e dedica molte energie a quella che sarà la spettacolarità del film, lui che sin dai tempi di "Silverado" non si avvale di controfigure, e quì è l'unico attore a partecipare alle scene della caccia al bisonte. Durante le riprese cade due volte, ma senza danni.

Le riprese durano otto giorni, Costner dirige se stesso e coordina l'impressionante movimento di 3.500 bisonti, con l'ausilio di 20 cow-boy da rodeo.

Sulle scene si muovono 150 comparse, 24 indiani che montano cavalli senza sella, due bisonti addomesticati per le riprese di primo piano.

Inoltre fanno parte del corredo 24 bisonti finti, per le riprese di animali morti o feriti.

Conplessivamente la realizzazione del film ha richiesto cinque mesi di duro lavoro, sedici ore al giorno con temperature di 40 gradi per il set estivo e di meno 15 per quello invernale, dal 18 luglio al 23 novembre 1989.

Due gli obbiettivi raggiunti da Costner: restituire la dignità a un popolo ingiustamente sterminato, dedicando a tutte quelle tribù d'America un vero e proprio atto d'amore, incastonato nella spettacolarità di un western atipico, di proporzioni epiche, tra cavalli, bisonti, battaglie e lupi (veri).

E' lo scontro tra due culture, la spiegazione anche dolorosa e drammatica di come si possa annientare una razza, che comunque era parte di una nazione che si era sempre definita "civile".

L'intuizione di Costner viene premiata con sette Oscar e con incassi stellari, che in poche settimane fanno rientrare le spese sostenute dalla produzione, circa 16 milionie mezzo di dollari.

Ma a Costner non interessa il lato prettamente commerciale, la sua rivincita sulla critica è eclatante, il successo di "Balla coi lupi" supera i confini americani e dilaga nel resto del mondo.

Michael Blake vince un Oscar, e "Balla coi lupi" balza in testa alla classifica del New York Times e vi resta per un tempo record di undici settimane. Un vero Best-Seller. Blake diventa famoso e scrive il seguito di "Balla coi lupi", "Holy Road".

Costner è fiero del successo ottenuto dal "suo" film, e viene insignito del titolo di Membro Onorario della Tribù Sioux, ma Kevin, oltre a possedere due doti eccezionali, l'entusiasmo e la tenacia, oltre alla necessaria dose di umiltà, apprezza molto il soprannome per lui coniato dagli attori indiani del film: "Guerriero Pazzo".

 

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