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Le confessioni

Regia di Roberto Andò vedi scheda film

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La recensione su Le confessioni

di champagne1
7 stelle

Nessuno merita lodi per le sue azioni, se non ha il coraggio di essere cattivo.

In un momento storico in cui gli economisti sono così malvisti dalla popolazione generale, viene deciso che al vertice del G8 vengano ospitati anche tre intellettuali, portatori di un diverso punto di vista sugli sviluppi economici mondiali, per un franco e libero confronto di idee. Tra di essi, un monaco certosino: padre Salus. A lui il Direttore del Fondo Monetario Internazionale chiede, la notte prima che il vertice formalmente inizi, di essere confessato. Ma poche ore dopo egli sarà scoperto morto nella sua camera d'albergo...


 

Andò ci parla del vero potere che governa il nostro tempo: il potere dell'economia e delle banche. Un potere sovranazionale e sovrademocratico che ormai nemmeno i diretti interessati riescono più a dissimulare, anzi lo accettano con significativo orgoglio. Quando a causa di un'equazione matematica si mettono sul lastrico milioni di famiglie o si affamano intere nazioni, si capisce che chi detiene il potere economico non vive nella realtà e guarda le cose con distacco: alla stessa maniera con cui i nostri protagonisti, ospiti di un albergo iperlussuoso, protetti e isolati dalle comuni masse, prendono il sole come turisti qualunque di un mondo perfetto in cui non ci si accorge dell'esistenza altrui.

Ma se in qualche recondito spazio del nostro cervello o del nostro cuore resta ancora accesa un barlume di coscienza, il pericolo è che un giorno o l'altro questa si metta ad urlare.

 

 

Non c'è niente di paradossale nella trama: anzi questo è forse il limite del film che è fin troppo didascalico.

Nonostante le atmosfere e i tempi rarefatti, di stampo Sorrentiniano (vedi Youth), Andò riesce a costruire i termini di un thriller a metà fra il politico e lo psicologico, grazie anche alla figura (per certi versi inquietante) del personaggio del monaco che non mangia e non dorme mai, che ha scritto libri poco ortodossi sul piano del messaggio evangelico e che sembra portare  nella sua purezza comportamentale e nel suo cognome (Salus) una risposta agli interrogativi suscitati.

 

Certo, a dispetto di una base narrativa inizialmente solida e attuale, il film sfocia nelle apparenti ambiguità anche metafisiche del finale.

Ma va dato il merito al Regista di aver provato a mettere in piedi un'opera in maniera originale, anziché esercitarsi nel solito action-movie o spy-movie all'americana.

 

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