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Bagdad Café

Regia di Percy Adlon vedi scheda film

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La recensione su Bagdad Café

di supadany
7 stelle

La felicità è una parentesi che, in troppe circostanze, svanisce velocemente. Sogni e progetti tutto per filo e per segno, ma poi rischi comunque di incanalarti e incagliarti in una routine che, sulla lunga distanza, finisce per privarti di ogni gioia. Strenuamente, provi a resistere e forse è proprio questo il problema. Al contrario, reagisci, creati un’occasione e se individui una sponda congrua alle tue esigenze, non fartela sfuggire di mano. A quel punto, riponi ogni titubanza in un cassetto, combatti con il sorriso, conquista il tuo spazio.

Bagdad café è pura poesia. Non ragiona per addizioni o moltiplicazioni, semplicemente sogna un mondo diverso. L’ha fatto nel 1987. Ai tempi, nel suo piccolo (fu un successo d’essai), era rivoluzionario, oggi è quanto mai attuale, semplicemente attinente alle esigenze della platea, un film che, invece di invecchiare, ringiovanisce.  

Durante una vacanza negli Stati Uniti, la tedesca Jasmin (Marianne Sägebrecht) litiga con il marito e viene abbandonata nel deserto. Dopo una lunga camminata, arriva al Bagdad Café, un posto dimenticato da Dio, dove neanche la macchinetta del caffè funziona.

Prende una stanza e conosce Brenda (CCH Pounder), la proprietaria della struttura. Dopo i primi attriti, anche veementi, tra le due donne nascerà una cooperazione, proficua per entrambe.

 

Marianne Sägebrecht, CCH Pounder

Bagdad Café (1987): Marianne Sägebrecht, CCH Pounder

 

Le vie del signore sono infinite, ma quelle delle signore hanno più risorse di quanto non sarebbero loro stesse disposte a credere. Bagdad café nasce dalle fantasticazioni di Percy Adlon quando, nel Natale del 1985, era in viaggio con la famiglia sulla Route 66, fermo in un café. Per chi ne possiede a bizzeffe, la fantasia fa miracoli.

Così, è nato un film che parte della realtà per creare numeri di magia, una costanza nel cinema del regista nato a Monaco di Baviera.

Trattasi di una prelibatezza senza tempo e sospinta dal vento, che parte da uomini capestro per raccontare di donne ammaccate, di amicizia e solidarietà, di diversità e minoranze.

In tal senso, è preveggente, libera le sensazioni, facendo delle imperfezioni e dell’esuberanza un vanto. Si basa su un’unità di luogo, dispersa nel nulla del deserto, pullula di particolari d’impulsi, coloriti ed eccentrici, tra riferimenti pittorici e una liberatoria sospensione dalla realtà.

Con questo modus operandi, costituisce una propria galassia, una singolare forma mentis che rende periferica la classica narrazione per curare l’armonia, tra tonalità accentuate e dinamiche accattivanti, con un cuore tenero come un tonno di alta qualità, ingenuo, spontaneo e disarmato, senza ricorrere a espliciti proclami. 

Un contesto che trae linfa vitale dalle straordinarie interpreti. Marianne Sägebrecht è tanto straripante negli atteggiamenti quanto indimenticabile per come si mette a nudo, mentre CCH Pounder è polifonica nella transizione da un’indurita severità a un’aperta complicità, finendo sugli scudi.

 

CCH Pounder, Jack Palance, Marianne Sägebrecht

Bagdad Café (1987): CCH Pounder, Jack Palance, Marianne Sägebrecht

 

Bagdad café è una pellicola armoniosa e di pregiata indipendenza, un cult movie che si dà un gran daffare. Un esemplare di emancipazione ante litteram, essendo donna quando ancora il solo pensarlo era blasfemia (Thelma & Louise arriverà anni dopo), che fa sua una definizione alternativa di famiglia, con il jolly offerto dalla presenza di Jack Palance e una succulenta colonna sonora, che vede ossessivamente primeggiare la meravigliosa Calling you di Jevetta Steele.

Balsamico. 

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