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Zootropolis

Regia di Byron Howard, Rich Moore, Jared Bush vedi scheda film

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La recensione su Zootropolis

di scandoniano
3 stelle

Il film che sancisce l’affermazione definitiva della Pixar sulla Disney: la prima innovativa e irreprensibile, ha sceneggiatori di livello e storie interessanti, la seconda mette in scena polpettoni senza nerbo come questo “Zootropolis”, in cui si crede di poter raggiungere l’obiettivo con un po’ di (flebile) satira sociale.

Lungometraggio Disney n° 55, prodotto dal Maestro Lasseter e diretto da Byron Howard e  Rich Moore. Opera realizzata completamente in CGI, ambientata nella cittadina che dà il titolo al lungometraggio, in cui Judy, gagliarda coniglietta di periferia, dai saldi principi e le umili origini, viene assoldata nel corpo di polizia nonostante la natura gracile e “fisiologicamente” inadatta al ruolo di tutore della legge, facendosi strada con coraggio e orgoglio nella tentacolare Zootropolis.

La Disney ritorna all’antico, inscenando un mondo di animali antropomorfi (con la totale assenza di umani), dando vita ad una storia più facilmente arricchibile di metafore e spunti di riflessione per grandi e piccini. Nonostante i clamorosi incassi, figli soprattutto di un battage pubblicitario di tutto rispetto, il film risulta scialbo e dall’andamento ondivago, con le tematiche trattate (la diversità, la fratellanza, l’orgoglio, la tenacia) che finiscono per acuire quello stesso moralismo che a livello teorico si sarebbe voluto evitare. Peccano la sceneggiatura, che non ha straordinari picchi né trovate degne di nota e, nella versione italiana, un doppiaggio modaiolo che accanto ai professionisti Leo Gullotta, Ilaria Latini e Alessandro Quarta, inserisce i cacofonici Paolo Ruffini, Teresa Mannino, Nicola Savino e addirittura Frank Matano che finiscono per distrarre lo spettatore, giacché rimarcano le proprie peculiarità vocali (dimostrandosi mediocri caratteristi anche quando si tratta di doppiare) laddove era consigliabile invece occultarle.

La delusione nella valutazione è forse figlia delle alte aspettative, tuttavia è quasi un dato di fatto che, forse per la prima volta in un film Disney, si assiste a quell’antipatico fenomeno per cui le scene migliori tutte stipate nel trailer: d’altronde quando ti accorgi dell’imbroglio sei già seduto in sala e il biglietto è già pagato, per cui, l’obiettivo aziendale (della nuova Disney) è oramai raggiunto, con buona pace dei nostalgici e di chi ancora crede nella sfida, che di fatto non c’è (più), tra la storica casa ideata da Walt e la rampante ed irreprensibile Pixar.

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